La Wageningen University, in Olanda, è una vera eccellenza a livello mondiale nel campo del Food, delle scienze agrarie e della sostenibilità. È una vera fucina di studi e innovazioni e la sua prerogativa più entusiasmante è che comunica e condivide le sue attività grazie a un sito molto ricco e sempre aggiornato.
Uno degli ultimi progetti descritti riguarda i fondi di caffè e il loro possibile impiego per l’agricoltura.
L’azienda protagonista è Rotterzwam, coltiva funghi ostriche su fondi di caffè scartati da varie aziende. È una delle tante aziende seguite dall’incubatore BlueCity di Rotterdam, che sono impegnate a definire e mettere in atto modelli di economia circolare.
I due fondatori di Rotterzwam sono sempre stati interessati al tema della sostenibilità e per questo progetto si sono ispirati al libro “The Blue Economy” dell’economista e imprenditore belga Gunter Pauli, che descrive una serie di casi di economia sostenibile e uno di questi riguarda proprio la coltivazione di funghi ostrica su fondi di caffè usati.
Il libro parlava dell’efficacia di utilizzare il fondo di caffè come substrato, ma i fondatori di Rotterzwam volevano esplorarne tutte le potenzialità: hanno provato a mescolare i fondi di caffè con altre sostanze e si sono impegnati anche a individuare le condizioni ottimali per il loro utilizzo in termini di temperatura e umidità.
Per portare avanti il progetto Rotterzwam ha ricevuto una sovvenzione POP3 dall’Unione Europea – POP3 è un programma di sovvenzioni per lo sviluppo agricolo, la sostenibilità e l’innovazione nei Paesi Bassi – e un cofinanziamento dalla Provincia dell’Olanda Meridionale.
In questa occasione è nata anche la partnership con la Wageningen University e, in particolare, il coinvolgimento del professor Jan Willem van der Schans, esperto in agricoltura circolare.
Rotterzwam negli anni è arrivata a sviluppare una metodologia specifica per riutilizzare in modo efficiente i fondi del caffè e per renderli sostanze di alta qualità.
I fondi vengono raccolti da diverse aziende e vengono lavorati per formare un materiale omogeneo, privo di corpi estranei e di tutti gli altri materiali che sono stati incorporati accidentalmente. Al momento le aziende per avere i loro fondi di caffè raccolti e trasformati devono pagare anche se questa scelta le aiuta a promuovere la loro immagine in termini di economia circolare.
Il limite attualmente è relativo ai volumi: l’azienda riesce a lavorare 6.000 kg di caffè al mese, mentre la sola città di Rotterdam incenerisce da sola 5 milioni di kg di caffè ogni anno.
Ma il progetto sta andando avanti con obiettivi ambiziosi. L’obiettivo di Rotterzwam è valutare le ulteriori opportunità che potrebbero offrire i fondi di caffè anche dopo la raccolta dei funghi, con le spore e le altre sostanze residue, e individuare con maggiore precisione gli effetti della caffeina sulla biodiversità del suolo. Un lavoro in cui le ricerche scientifiche dell’Università di Wageningen svolgono un ruolo fondamentale.
Nel suo percorso però Rotterzwam ha dovuto affrontare problemi legali molto più complessi del previsto perché i fondi di caffè sono classificati come rifiuti e dovrebbero essere riclassificati per essere utilizzati.
Per questo sono stati avviati colloqui con una serie di organismi competenti quali il DCMR Milieudienst Rijnmond (un’agenzia per la protezione dell’ambiente), l’Omgevingsdienst Zuid-Holland Zuid (un’agenzia di amministrazione ambientale), il Ministero dell’Agricoltura, della Natura e della Qualità degli alimenti…
Al momento è stata ottenuta una deroga temporanea per poter condurre la ricerca, ma se i risultati dovessero essere positivi è evidente che servirà del tempo – e tanta documentazione – per riclassificare questo tipo di rifiuto e definirne la destinazione e il flusso.
E anche su questo fronte è scesa in campo l’Università di Wageningen, ma questa volta sono intervenuti altri esperti: stanno esaminando tutte le implicazioni legali ed economiche della nuova possibile vita dei fondi di caffè come sostanze utili e non più come rifiuti.