Quali sono le migliori strategie di diversificazione colturale in risposta ai cambiamenti climatici e quali innovazioni si possono introdurre nella gestione agronomica? Di questo si è discusso oggi in occasione del primo Regional Meeting del progetto Diverfarming, che si è svolto presso l’azienda Ferrari (stabilimento di Gariga, Piacenza).
Diverfarming è un progetto europeo quinquennale per la sostenibilità dell’agricoltura di cui il CREA è il referente per l’Italia ed il Nord-Mediterraneo. L’obiettivo del progetto è identificare sistemi colturali diversificati a bassi input chimici, in grado di garantire la resa delle colture e ridurre gli impatti ambientali e quindi offrire una possibile soluzione alle criticità agro-climatiche. Gli altri partner italiani del progetto sono l’Università della Tuscia, Barilla e il Consorzio Casalasco.
A guidare l’incontro è stata Alessandra Trinchera, ricercatrice CREA e Coordinatrice del progetto per l’area del Nord-Mediterraneo, che ci ha accennato alla specificità di questo progetto rispetto a quelli che stanno coinvolgendo altri Paesi europei. “Nel nostro caso abbiamo deciso di occuparci di tutta la catena del valore, non solo degli aspetti legati al campo, e proprio con questo approccio stiamo valutando tutte le implicazioni dei possibili percorsi di diversificazione. Questo vuol dire che le nostre ricerche e i nostri dati riguarderanno tutte le fasi – dal campo alla tavola – e che si metteranno in luce anche i ritorni economici dei diversi scenari e delle possibili scelte.”.
Presso l’azienda Ferrari al momento si stanno testando diverse opzioni per migliorare la sostenibilità e la biodiversità del suolo: la rotazione delle colture leguminosa – frumento duro – pomodoro; la fertilizzazione mediante digestato anaerobico, un fertilizzante naturale derivante dalla produzione di biogas; la riduzione dell’irrigazione.
L’incontro di oggi è stato un importante momento di confronto tra ricercatori, agricoltori, produttori e i rappresentanti delle amministrazioni locali, infatti alla visita in campo è seguita una discussione in cui si è cercato di identificare le migliori strategie per mitigare gli impatti ambientali. Sono stati affrontati nei dettagli i diversi approcci alternativi alla monocoltura come ad esempio la rotazione delle colture (avvicendamento temporale di colture diverse), l’intercropping (la possibilità cioè di introdurre colture intercalari tra diverse colture principali) e il multicropping, o coltivazione multicolturale (la coesistenza di colture diverse in una stessa area).
Il CREA, con i suoi centri di Agricoltura e Ambiente, Cerealicoltura e Colture Industriali e Genomica e Bioinformatica, si occupa nello specifico di valutare gli effetti delle tecniche adottate in aree con condizioni pedoclimatiche differenti sui principali parametri fisico-chimici e biologici del terreno, sulla microbiodiversità e sulle emissioni, individuando, attraverso un modello previsionale, la migliore gestione in termini di conservazione della sostanza organica, di incremento della biodiversità, di mantenimento della fertilità del suolo e di resilienza dell’agroecosistema, cioè la sua capacità di rispondere ai cambiamenti repentini.
“I percorsi che stiamo misurando e testando sono ben noti a tanti agricoltori – ha affermato Trinchera – ma con questo progetto vogliamo dare evidenza scientifica alle diverse tecniche e codificare alcune pratiche e vogliamo creare dei modelli previsionali per dare elementi e strumenti certi e condivisibili. L’obiettivo è dare la possibilità agli agricoltori, ai protagonisti di tutta la catena del valore, ma anche ai legislatori di fare scelte consapevoli sul fronte delle sostenibilità, una sostenibilità che deve portare vantaggi a tutto il sistema, aumentandone anche la produttività.”