Anche nell’acquacoltura la biodiversità conta

Nella serie di interviste realizzate da Food Tech Connect sulla biodiversità quella che  coinvolge Jason Green, Ceo di Edenworks, è particolarmente interessante.

La biodiversità è proprio il cuore della strategia di Edenworks, una società americana che si occupa di acquaponica e realizza ecosistemi completi che combinano l’acquacoltura (piscicoltura) con l’idroponica all’interno di ambienti controllati.

Gli ecosistemi realizzati da Edenworks sono vere e proprie reti alimentari a più livelli, proprio come si trovano in natura: dall’allevamento degli animali – pesci e gamberetti – al microbioma, tutti i batteri e i funghi che vivono con i pesci e che trasformano i loro rifiuti in fertilizzanti preziosi per la salute e la crescita delle piante.

Coltivando ecosistemi biodiversi, Edenworks è in grado di allevare pesci e frutti di mare senza antibiotici, ormoni, mercurio, e coltiva piante senza utilizzare pesticidi o fertilizzanti. Un equilibrio perfetto e un circolo virtuoso che produce cibo più sano e più nutriente anche per gli esseri umani.

Edenworks crea un vero “zero discharge system” perché tutto viene utilizzato e non ci sono scarti.

Secondo Green, le deiezioni dei pesci sono sostanze fertilizzanti naturali particolarmente efficaci. Per questo motivo, i cinesi hanno allevato per migliaia di anni carpe vicino alle loro risaie e le fattorie azteche venivano costruite in prossimità di laghi pieni di pesci.

Mentre l’acquacoltura in tutto il mondo considera le deiezioni dei pesci un costo e un rischio, Green le considera il vero il dono dell’acquacoltura che consente e consentirà di produrre cibo migliore, anche in futuro.

La biodiversità per Edelworks si misura in termini di “reti alimentari”, che aumentano sia la ricchezza sia l’ampiezza delle specie, e il microbioma ha ruolo fondamentale.

Green ricorda che i nostri oceani e i terreni hanno un livello incredibile di diversità microbica. Un grammo di terreno sano ha tra 100 milioni e un miliardo di cellule microbiche. Il suolo malsano potrebbe avere circa 10 mila cellule batteriche, una differenza di 100.000x!

Monocolture, pesticidi e fertilizzanti industriali riducono la diversità del microbioma, il che crea una dipendenza da tali sostanze chimiche.

In questo contesto il pesce è stato definito l’ultimo cibo “selvaggio”. È l’ultimo mercato delle proteine ad avere livelli significativi di biodiversità. Al contrario, carne di manzo, pollame e carne di maiale hanno livelli molto bassi di biodiversità. Quindi per Green ci può essere il rischio che anche l’acquacoltura abbia un’evoluzione analoga a quelle di altri mercati e perda tutta la sua biodiversità.

E segnali di pericolo si sono già palesati. Alcuni allevamenti monocultura di salmone hanno sofferto per gli attacchi dei pidocchi di mare e fenomeni analoghi si sono verificati nelle riserve di gamberetti, che hanno subito danni ingenti per la comparsa di un singolo virus.

L’acquacoltura è una grande opportunità per il futuro del nostro cibo. È il mercato delle proteine più grande e in più rapida crescita al mondo.

Per Green molte delle sfide relative al futuro del nostro cibo potrebbero essere risolte con l’acquacoltura multi trofica integrata (IMTA, Integrated Multi-Trophic Acquacolture), il termine tecnico per definire la creazione di interi ecosistemi acquatici a più livelli. Ad esempio, allevare il salmone facendo crescere anche alghe che assorbono l’eccesso di azoto e i bivalvi che contribuiscono all’assorbimento dei nutrienti organici. Gli ecosistemi biodiversi sono più resistenti alle malattie e più redditizi delle monocolture tradizionali, danno dunque anche un concreto incentivo economico per promuovere la biodiversità.

Edenworlds ad oggi si è dedicata all’allevamento di quattro specie di pesci e più di 80 varietà di verdure a foglia verde e sta guardando con interesse gli sviluppi di alcune tecnologie che consentiranno di misurare la diversità e i contenuti del microbioma.

Per le verdure a foglia verde questa tecnica riesce a dare rese superiori rispetto alle tradizionali vertical farms, utilizzando il 90% in meno di fertilizzante azotato, derivato interamente dai rifiuti di acquacoltura. Non vengono usati pesticidi. In tal modo sono stati eliminati gli agenti patogeni di origine alimentare ed è stata ridotta in maniera importante anche l’incidenza delle malattie delle colture, da una media di un raccolto su quattro a una media di uno su cento.

Usando le pratiche convenzionali, continua Green, un aumento del 200% delle rese richiede un aumento del 500% di fertilizzante. La biodiversità è circa 50 volte più potente come fattore di rendimento.

Dal punto di vista dei pesci, è migliorato notevolmente il tasso di conversione del mangime, il rapporto tra mangime e qualità della carne. E il mangime è la voce più critica per l’acquacoltura, in termini di costo e sostenibilità.

In sintesi, per Green, la biodiversità porta solo vantaggi: rendimenti più elevati, produzione di maggiore qualità, più sicura e più stabile, fertilizzanti naturali e migliori tassi di conversione dei mangimi.

Alessandra Apicella

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