Prodotti di consumo e sostenibilità: segnali positivi

Il 3 settembre scorso, per il terzo anno consecutivo, The Sustainability Consortium ha pubblicato il suo report sui dati 2018 e il trend che ne emerge è decisamente positivo. Il documento ha un nome esplicito  “Raggiungere la sostenibilità attraverso la trasparenza”.   

Con oltre 100 membri e partner a livello mondiale, The Sustainability Consortium (TSC) è un’organizzazione che punta sulla collaborazione tra rivenditori, fornitori, fornitori di servizi, Ong ed esperti per aiutare le imprese a migliorare l’impatto ambientale dei prodotti, esaminandone l’intero ciclo di vita e la catena fornitura. Le attività e i dati sono valutati secondo gli indicatori chiave (KPI) dell’indice Thesis (The Sustainability Insight System).

Nel caso del Food, ad esempio, le diverse tipologie di prodotti sono classificate in 66 categorie – sono compresi anche gli integratori alimentari, i contenitori e i piccoli elettrodomestici utilizzati per la preparazione del cibo – e per ogni categoria sono indicati i parametri per valutarne l’impatto ambientale. Per i prodotti di origine animale, ad esempio, le voci riguardano il benessere animale, l’intera supply chain (antibiotici, deforestazione, mangimi e fertilizzanti…), l’uso delle risorse e le condizioni in cui operano i lavoratori.

L’ultimo report analizza le attività di più di 1500 aziende e ha comportato anche la valutazione di oltre $ 200 miliardi di prodotti acquistati dai consumatori da Walmart, Amazon, Kroger, Walgreens e Sprouts.

Su una scala di 100 punti, i fornitori che hanno partecipato all’indice Thesis 2018 hanno ottenuto una media di 44,8. Ciò rappresenta un miglioramento del 30,5% rispetto al 2016, quando il punteggio medio era di 34,3. Nel 2017 il punteggio medio è stato di 38,6.

Le nuove percentuali confermano un maggiore impegno dei produttori a condurre con maggiore trasparenza le loro operazioni globali con un’attenzione sempre più forte per tutte le implicazioni della loro catena del valore.

Il rapporto mette in evidenza quali settori stanno affrontando in modo più strutturato il tema della sostenibilità, quali sono gli ostacoli che ne rallentano i progressi e con quali priorità si stanno muovendo le organizzazioni.

La maggioranza dei produttori che ha partecipato all’indice Thesis ha riferito di aver apportato modifiche a prodotti, imballaggi, pratiche interne o della catena di approvvigionamento. Dell’86% che ha riferito di aver introdotto cambiamenti, il 23% ha modificato i processi, il 30% ha modificato il design del prodotto o del packaging, il 76% ha migliorato la comunicazione interna, il 77% ha coinvolto i fornitori e il 30% ha optato per una comunicazione più chiara con il pubblico.

Le aree di miglioramento sono ancora tante tuttavia e riguardano soprattutto la trasparenza dei fornitori su temi chiave come la deforestazione, la logistica, l’imballaggio dei prodotti e il loro fine vita, smaltimento compreso.

La distanza della catena di approvvigionamento (spaziale e strutturale), la distanza relazionale (disponibilità a condividere i dati), le normative, le certificazioni e i sistemi di tracciabilità sono spesso i motivi per cui la trasparenza della catena di approvvigionamento è relativamente alta o bassa. E in questo contesto svolge un ruolo decisivo il fatto che in molti Paesi non esistono normative in materia di tracciabilità.

A livello europeo le attività di TSC sono coordinate dall’Università di Wageningen, che nei Paesi Bassi sta lavorando direttamente con Albron, Bidfood, Sodexo e Sligro e i loro fornitori per l’adozione dell’indice Thesis nei Paesi Bassi.

Una curiosità: il prodotto che ha registrato il punteggio più alto è stato l’ananas, i produttori si sono impegnati ad avere il 100% di visibilità su questioni chiave della loro catena di approvvigionamento come fertilizzanti e pesticidi, scarti, lavoro minorile, diritti dei lavoratori, rese.

Alessandra Apicella

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