Il nuovo rapporto della FAO ha fatto il punto sull’entità e sulle cause delle perdite e degli sprechi nelle diverse fasi della filiera alimentare. Secondo lo studio Lo Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura 2019 (SOFA), anche se con importanti differenze tra Paesi e materie prime, a livello globale circa il 14% degli alimenti va perso o sprecato dopo il raccolto. Questo volume impressionante di cibo prezioso non arriva a destinazione per mancanza di infrastrutture adeguate alle fasi di stoccaggio e trasporto.
Ma spesso in quegli stessi Paesi che non hanno infrastrutture non sono usate neanche quelle tecnologie e quelle attrezzature che permetterebbero di coltivare la terra in modo migliore senza penalizzarne la produttività. Anche questo è un altro volto della sostenibilità.
Uno studio dell’International Maize and Wheat Improvement Center (CIMMYT), realizzato in collaborazione con le Università di Stanford e Cornell, ha invece dimostrato che esiste una via d’uscita sostenibile, da tutti i punti di vista, per aumentare la produzione alimentare già nei campi: i microsatelliti.
Piccole e poco costose, queste tecnologie sono dei veri e propri satelliti in miniatura, che viaggiano a bassa quota e pesano in genere 100 chilogrammi. E sono proprio loro che, fotografando puntualmente le condizioni dei campi, possono diventare i migliori alleati degli agricoltori.
I dati provenienti dai microsatelliti sono infatti preziosi per monitorare lo stato dei terreni e delle colture, possono aiutare a rilevare l’insorgere dei problemi e consentire di intervenire in tempo con azioni precise, che possono poi essere estese su larga scala.
Per dimostrare i vantaggi e le potenzialità di queste tecnologie i ricercatori hanno condotto i loro studi nei campi di grano di aziende agricole di piccole dimensioni nelle pianure del Gange, nella zona orientale dell’India.
Lo studio ha riguardato 127 fattorie che sono state esaminate per alcuni anni. In ogni azienda sono state adottate due tipi di pratiche. In una metà del campo, gli agricoltori hanno applicato il fertilizzante usando la tecnica dello spargimento manuale, il tipico metodo impiegato in quella regione, nell’altra metà del campo gli agricoltori hanno utilizzato un nuovo, economico spandiconcime, un dispositivo in grado di effettuare una distribuzione più precisa e omogenea.
Per misurare l’impatto dell’intervento, i ricercatori hanno quindi riunito e pesato il raccolto in campo, il metodo usato abitualmente dagli agricoltori locali, e hanno mappato le diverse rese dei terreni, utilizzando i dati raccolti dai microsatelliti e dalla rete satellitare Landsat.
I risultati sono stati lampanti: senza alcun aumento dell’input, lo spandiconcime aveva prodotto un aumento delle rese del 4,5% in tutti i campi, siti e anni, colmando circa un terzo delle perdite registrate precedentemente. E, utilizzando quegli stessi dati, erano stati trattati in modo mirato i campi a più basso rendimento con il risultato che erano raddoppiate anche le rese e i guadagni, senza investimenti ulteriori e con lo stesso sforzo in termini di intervento.
I guadagni registrati erano assolutamente superiori al costo del nuovo spargitore e il 100% degli agricoltori ha dichiarato di essere disposto a pagare nuovamente pur di poter contare su questa tecnologia. Evidenze e vantaggi, non teorie…
La foto è di Mahesh Maske/CIMMYT