Questa settimana sarà in Spagna e in Portogallo, andrà a vedere come procedono le sue creature. Le segue con premure quasi materne ma anche con un lucido rigore scientifico. Alice Brunazzi è una breeder, fa parte del team che si occupa di creare nuove varietà in ISI Sementi, un’azienda che è un punto di riferimento ben noto al mondo agricolo italiano. Lei in particolare si occupa di miglioramento genetico nel pomodoro.
Per lei è sempre stato normale viaggiare, il suo continuo desiderio di saperne di più sulla genetica e sulle biotecnologie l’ha portata a frequentare corsi nei più prestigiosi centri di competenza mondiali tra cui l’Università di Wageningen, la Kansas State University, la Scuola Superiore Sant’Anna. Sin da ragazzina aveva questo desiderio: creare varietà migliori. Un obiettivo che non sapeva ancora come raggiungere e che i suoi familiari e amici faticavano a comprendere.
“Credo che tutto sia nato perché mio padre lavorava in un vivaio, sono cresciuta guardando le piante e continuavo a fare domande per conoscerne le specie, le varietà, le caratteristiche. Questo ambiente che abbiamo respirato sin da ragazzine ha determinato le scelte anche di mia sorella gemella che oggi fa l’agronoma e si occupa di sostenibilità.”
Alice è nata a Genova, poi la famiglia si trasferisce a Roma e nella capitale diventa perito agrario ma per inseguire il suo sogno va a Perugia dove c’è una facoltà che si occupa proprio di biotecnologie. Dopo la laurea, tra Firenze, Bologna e Pisa si continuano ad aggiungere nuovi tasselli alla sua formazione, una formazione che, per sua ammissione e per la sua gioia, non finisce mai.
“Credo che sia la caratteristica più affascinante di questo mestiere e la collaborazione con le università, che è un fattore decisivo per il nostro lavoro, è una fonte inesauribile di nuove conoscenze e di nuove idee. Le loro competenze ci guidano nelle scelte e negli investimenti e il loro supporto è fondamentale per raggiungere i risultati.”
Ottenere una varietà con determinate caratteristiche ed eccellente da tutti i punti di vista – sapore, colore, profumo, resistenza alle malattie e ai cambiamenti climatici – non è un traguardo veloce e semplice da raggiungere.
“Bisogna aver ben chiaro cosa si intende ottenere, anche perché dobbiamo creare qualcosa che deve piacere alle aziende e ai consumatori. Io dico sempre che fare il breeder è un po’ come fare il direttore d’orchestra. Si deve essere in grado di padroneggiare un po’ tutte le tutte le discipline agronomiche per arrivare a creare un’armonia perfetta. I risultati non sono mai veloci e gli imprevisti non mancano anche se oggi tutti gli strumenti tecnologici che abbiamo – genetica, DNA, algoritmi matematici – ci permettono di prevedere con buoni margini di affidabilità gli esiti dei nostri incroci. Ma non sempre il cosiddetto F1, che è l’ibrido che si ottiene dall’incrocio di piante selezionate, è il prodotto che ci aspettiamo e allora il percorso diventa necessariamente più complesso.”
“Non solo. Una volta che si è ottenuta la pianta perfetta va sempre testata, vanno fatte le prove sperimentali in campo per capire come si comporta in località e geografie diverse. Le mie trasferte in giro per l’Italia e per l’Europa mi fanno capire come reagisce la pianta in contesti differenti e anche questo mi dà indicazioni importanti per migliorare la varietà e il mio lavoro.”
Quando chiediamo ad Alice com’è il livello del breeding italiano rispetto a quello di altri Paesi la risposta è immediata. “In molti campi siamo eccellenti ma le differenze nascono anche dalle specificità dei Paesi. L’Olanda, ad esempio, che non ha molte specie autoctone, si è ingegnata per creare nuove varietà performanti e sono molto bravi. Certi loro pomodori coltivati in serra possono essere confusi con pomodori nostrani, cresciuti nel nostro suolo e con la luce del nostro sole. È ovvio che le condizioni climatiche, la ricchezza naturale e la biodiversità del nostro Paese ci hanno dato delle premesse diverse e in alcuni casi hanno ridotto la necessità di intervenire.
“Ora però i cambiamenti climatici e anche l’esigenza di far fronte a un consumatore sempre più attento ed esigente ci stanno portando a esplorare nuove opportunità. Il ruolo del breeder oggi è davvero strategico e noi donne, ancora poche purtroppo in Italia, abbiamo una marcia in più perché siamo più intuitive, creative e più portate a una logica “multitasking”.
Alice non è innamorata del suo lavoro…Molto, molto di più.
proprio quello che tanti anni fa avrei voluto “fare da grande”. Sono contento che ci sia ancora chi ha così grande entusiasmo per un lavoro così creativo
Grande determinazione e grande passione e tanto lavoro.