I dati dell’EFSA parlano chiaro: nel 2018 nei Paesi dell’Unione Europea sono stati registrati 246,571 casi di malattie di origine alimentare e il maggiore responsabile è il Campylobacter, un batterio che può diffondersi negli allevamenti di animali tramite l’acqua e il mangime e che può essere veicolato dalle loro carni provocando infezioni gastrointestinali negli esseri umani. Le carni più a rischio sono quelle dei polli (37,5%) e dei tacchini (28,2%), per questo il monitoraggio del Campylobacter in questi tipi di allevamenti è obbligatorio (Direttiva 2003/99 / CE).
Le tecniche comunemente impiegate risalgono a molti anni fa, non si sono evolute e i tempi necessari per avere gli esiti dei test non sono brevi.
Gli allevatori generalmente prelevano campioni di escrementi o usano il cosiddetto “metodo del calzino”. Il responsabile dei test mette una garza intorno alle calzature e percorre la superficie il pollaio. La garza poi viene posta in una soluzione per 48 ore, qui i batteri che sono rimasti intrappolati possono moltiplicarsi. Il liquido viene quindi collocato su piastre di agar, che vengono lasciate per altre 48 ore per consentire ai batteri di crescere. Questo procedimento consente di capire se gli animali sono infettati dal campylobacter ma ovviamente richiede più giorni prima che gli esiti siano disponibili.
Recentemente invece, grazie a progetti di Ricerca finanziati dall’Unione Europea è stata individuata una nuova metodologia che si basa sul campionamento dell’aria e sull’utilizzo di speciali filtri. La soluzione è stata messa a punto e testata nell’ambito del progetto AIR-SAMPLE e si è dimostrata molto efficace, economica e di facile utilizzo in varie condizioni di allevamento. Per effettuare il campionamento dell’aria non sono neanche richieste competenze tecniche e il campione è stabile dal punto di microbiologico, quindi può essere spedito per analisi per posta ordinaria.
Ora il National Food Institute, Technical University of Denmark, è riuscito a creare un’apposita tecnologia. Lo strumento è come se fosse un mini aspirapolvere dotato di uno speciale filtro, fatto apposta per raccogliere i batteri nell’allevamento. Il filtro viene analizzato con un test PCR, che isola il DNA e determina se i batteri campylobacter sono presenti nel campione e in quali quantità.
I ricercatori hanno testato lo strumento in quattro Paesi membri dell’Unione Europea e hanno usato i polli norvegesi come parametro negativo perché in Norvegia non sono mai state riscontrate queste infezioni. I risultati sono stati molto soddisfacenti: con questo nuovo metodo la probabilità di rilevare il Campylobacter in un allevamento di polli è quadruplicata rispetto all’impiego delle tecniche precedenti e la presenza del batterio è intercettata in modo più capillare e precisa.