Fotosintesi: nuovi studi per arrivare ad avere piante più produttive

Il suolo è sempre più depauperato e più fragile e le aree idonee alle coltivazioni si riducono anno dopo anno. Per questo i ricercatori di Wageningen stanno studiando se e come le piante possono vivere anche in situazioni difficili quando questa risorsa, fondamentale alla loro crescita, è ridotta.

Studiando e osservando il comportamento di diverse piante i ricercatori hanno scoperto che per crescere alcune di loro utilizzano in modo diverso e ottimale la luce. I risultati di queste ricerche potrebbero creare nuove opportunità per il breeding: si potrebbero introdurre variazioni genetiche naturali che consentirebbero alle colture di crescere utilizzando acqua, suolo e nutrienti in modo più efficiente.

Ecco la sintesi di un articolo pubblicato dall’università di Wageningen.

Le piante ottengono la loro energia dalla luce solare. Con questa energia, il loro cloroplasto converte acqua e CO2 in ossigeno e glucosio. Il glucosio nutre la pianta e la aiuta a crescere. “La fotosintesi esiste da circa due milioni di anni, per questo gli scienziati hanno ipotizzato che fosse un processo completamente consolidato e che le piante funzionassero al massimo livello di efficienza”, afferma Mark Aarts, professore di Genetica delle piante dell’Università olandese. Ma gli studi in corso stanno smentendo in parte questa tesi.  

Le piante sembrano utilizzare non più dello 0,5 e l’1% della luce solare disponibile. Alcune piante, tuttavia, come la senape canuta (Hirschfeldia incana) fanno un uso molto migliore del sole rispetto ad altre. Aarts afferma: “La senape canuta è un tipo di cavolo. Conosciamo tutti l’espressione olandese “crescere come un cavolo” per descrivere una crescita rapida. Forse il cavolo contiene una sostanza che gli consente di fotosintetizzare bene. La senape canuta condivide questo tratto con le piante del deserto. Quando piove nel deserto, le piante devono germogliare immediatamente e crescere alla massima velocità. Altrimenti, non ce la faranno. Hanno una breve durata di alcune settimane”.

Secondo gli scienziati esistono specie vegetali molto più efficaci nella loro fotosintesi. Aarts e il fisiologo vegetale Jeremy Harbinson hanno iniziato a studiare questo fenomeno dieci anni fa e con l’aiuto di studenti e dottorandi hanno scoperto che non solo alcune specie di piante effettuano la fotosintesi in modo diverso, ma che singole piante della stessa specie possono avere comportamenti differenti.

Il team ha studiato l’Arabidopsis thaliana, una specie molto usata negli studi scientifici, ed è riuscito a sostituire il cloroplasto di una pianta con quella di un’altra, senza modificare il materiale genetico dei cromosomi. Grazie a questo nuovo metodo, i ricercatori hanno potuto confrontare le piante originali con quelle dotate di “nuovi” cloroplasti e hanno scoperto che alcune delle nuove combinazioni producono piante con una capacità di crescita migliore.

Secondo i ricercatori queste evidenze potrebbero consentire di creare nuove verietà in grado di utilizzare fino all’uno e mezzo per cento della luce solare disponibile, anziché l’attuale mezzo per cento, dunque piante capaci di sfruttare in modo più efficiente il suolo e le altre risorse.  

I ricercatori si sono anche chiesti come mai la natura non crea già ora piante che usano la luce solare in modo più efficiente e che crescono alla stessa velocità della pianta di senape. La risposta richiede ulteriori investigazioni, ma secondo il loro punto di vista, in natura, probabilmente questo diverso livello di fotosintesi presenta qualche tipo di svantaggio come ad esempio favorire lo sviluppo di insetti che veicolano la peste.

Tuttavia, secondo Aarts: “La fotosintesi fornisce l’energia necessaria per la crescita e lo sviluppo della pianta. Non sappiamo esattamente come la pianta utilizza questa energia. Un tasso più elevato di fotosintesi però non solo fa crescere bene le foglie, ma può anche dar vita a radici più lunghe e spesse o a una fioritura più abbondante. Le piante usano la luce solare in diversi modi, che non sono sempre evidenti.”

Per approfondire queste tematiche i ricercatori di Wageningen stanno conducendo diversi studi. Aarts stesso è coinvolto in un progetto relativo alla fotosintesi finanziato dall’Unione Europea che sta studiando le variazioni genetiche di miglio, pomodoro e mais.

Altre ricerche si stanno concentrando sull’utilizzo della luce solare da parte delle piante. “Quando la luce solare è abbondante, parte di essa non viene utilizzata per la fotosintesi ma si irradia come calore in un processo chiamato “quenching” non fotochimica”, spiega Aarts. ‘Un processo benefico che impedisce alla luce solare di danneggiare le proteine della fotosintesi. Ma nei giorni parzialmente nuvolosi, le piante tendono a eccedere nella cautela e usano questa capacità per abbassare il tasso di fotosintesi. Questo fa sì che il processo di fotosintesi sia molto meno efficiente di quanto potrebbe essere.”

Ma come funziona esattamente questo processo, quali proteine sono coinvolte e dove va l’energia?

I ricercatori stanno cercando di trovare risposte a queste domande anche con una serie di ricerche approfondite finanziate dalla NWO ed è proprio sotto l’egida di questa organizzazione che è nato un grande progetto di ricerca cui partecipano anche le università di Wageningen, Utrecht, Amsterdam e dieci società di breeding.

L’obiettivo è proprio studiare come le piante reagiscono al variare della luce anche in situazioni ordinarie come nel caso dell’oscuramento del sole da parte di una nuvola o della presenza di un’ombra proiettata da piante vicine. “Vogliamo sapere quali sono i geni responsabili e se ci sono variazioni genetiche in questo senso. Successivamente, vogliamo vedere come questi geni possono influenzare la reazione delle piante a questi cambiamenti in diverse circostanze e ridurre l’estinzione non fotochimica, senza danneggiare la pianta. Il tutto può essere fatto agevolmente in una serra “, afferma Aarts.

I dettagli dello studio nell’articolo

Alessandra Apicella

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