Quanti residui di prodotti farmaceutici o di prodotti per la cura personale o di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) rimangono nelle nostre acque? E come possono danneggiare gli organismi acquatici e con che ripercussioni sulla nostra salute?
Alla Swedish University of Agriculture Sciences, dove più di 400 scienziati si dedicano allo studio delle acque, recentemente è stata condotta una ricerca per identificare la presenza e gli effetti di queste sostanze. È emerso che i microinquinanti organici vengono rimossi in modo incompleto dagli impianti di trattamento delle acque reflue e quindi finiscono per essere immessi nei laghi e nei corsi d’acqua.
I ricercatori hanno analizzato le acque reflue e i fanghi prodotti dal processo di depurazione delle acque di 28 diversi impianti di trattamento svedesi, ne hanno valutato l’efficienza e hanno esaminato l’acqua dei laghi e dei corsi d’acqua che ricevono queste acque trattate.
In totale, è stata rilevata la presenza di 211 diversi inquinanti e ne sono stati identificati più di 150. Due prodotti chimici industriali, 15 prodotti farmaceutici, caffeina e nicotina sono risultati responsabili del 70% delle concentrazioni combinate di inquinanti nelle acque di superficie, nelle acque reflue e nelle acque trattate.
Per valutare la tossicità delle sostanze chimiche, i ricercatori hanno utilizzato diversi test standardizzati che misurano gli effetti biologici delle sostanze inquinanti. Con queste tecniche si rilevano gli effetti di inquinanti noti e sconosciuti, così come i cosiddetti effetti cocktail. Ad esempio, alcuni test hanno esaminato l’effetto degli inquinanti sugli embrioni del pesce zebra e le relative implicazioni sul sistema endocrino.
I diversi test hanno evidenziato l’azione di un numero elevato di inquinanti in acque non trattate, la loro attività estrogenica però è stata rilevata nelle acque di laghi e corsi d’acqua che ricevono acque reflue trattate. I risultati dei test sull’embrione hanno evidenziato comunque un ridotto numero di casi negativi in acque reflue trattate.
I test di tossicità sono stati effettuati utilizzando sia acque reflue non trattate che acque trattate. La tossicità è diminuita dopo il trattamento, ma il grado di riduzione differiva tra gli impianti di trattamento e variava a seconda del test di tossicità utilizzato. Ad esempio, la rimozione dell’attività estrogenica e androgena è stata elevata (97-99%), mentre altri test di tossicità hanno indicato livelli di rimozione inferiori e più variabili.
Secondo i ricercatori, i risultati sono stati soddisfacenti ma si può fare sicuramente di meglio perché una quantità importante di microinquinanti viene comunque introdotta nelle acque di superficie dagli impianti di trattamento delle acque reflue. Un fenomeno che potrebbe diventare preoccupante in prospettiva: per l’aumento dell’uso di prodotti farmaceutici, la crescente urbanizzazione dei territori, ma anche per effetto dei cambiamenti climatici. Questi microinquinanti potrebbe anche finire direttamente nei laghi e nei corsi d’acqua in seguito a forti piogge o straripamenti dovuti proprio al riscaldamento globale.
Lo studio è stato finanziato dall’Agenzia svedese per la protezione ambientale, il rapporto finale sarà pubblicato a breve.
Un team di ricercatori della Ben Gurion University invece ha condotto un altro studio. Ha esaminato l’impiego delle acque reflue trattate per l’acquacoltura, un tema su cui al momento sono state fatte poche ricerche.
I ricercatori hanno scoperto che i microinquinanti organici nell’acqua – oligoelementi di metalli pesanti, prodotti farmaceutici e prodotti per la cura personale, nonché pesticidi, solventi e detergenti – si accumulano, anche se in quantità minime, nei pesci, senza comprometterne la salute, la crescita e altri aspetti importanti per sicurezza alimentare dei consumatori..
Lo studio ha evidenziato che l’esposizione a questo tipo di microinquinanti può comportare effetti biologici tossici nei pesci, comprese le mutazioni e la femminilizzazione del pesce che ne alterano il sistema endocrino. Ma il trattamento di depurazione terziario delle acque reflue (TTWW) dà buoni risultati. Questo trattamento è la terza e ultima fase del processo di depurazione delle acque prima che vengano riutilizzate, riciclate o reimmesse nell’ambiente. Il trattamento rimuove i composti e le sostanze inorganiche come azoto e fosforo, ma non i composti organici.
Nello studio di laboratorio, la carpa (Cyprinus carpio) è stata allevata in acque trattate allo 0%, al 50% e al 100% con TTWW per cinque mesi. Sette microinquinanti organici su 40 schermati sono stati rilevati nei campioni di acqua almeno una volta. Dei 19 microinquinanti analizzati nei tessuti dei pesci, quattro sono stati rilevati nei pesci esposti. Carbamazepina, un anticonvulsivante, e diclofenac, un antinfiammatorio, sono stati rilevati nel muscolo e nel fegato dei pesci cresciuti nelle acque trattate al 50% e al 100% con TTWW a basse concentrazioni. Le concentrazioni di carbamazepina-epossido e Benadryl (difenidramina) erano inferiori al limite di quantificazione (Limit Of Quantification) nel muscolo del pesce esposto, mentre la difenidramina è stata rilevata al di sopra del livello LOQ in due campioni di fegato di pesce cresciuti in acque trattate al 100% con TTWW.
I risultati di questo studio indicano che il TTWW può essere utilizzato con successo per l’acquacoltura perché soddisfa tutti gli standard esistenti per l’accumulo di metalli pesanti, ma sono necessarie ulteriori indagini per valutare gli effetti dell’accumulo di microinquinanti organici su diverse specie di pesci commestibili.