L’agricoltura è responsabile di circa il 42% delle emissioni di azoto nei Paesi Bassi, l’azoto viene rilasciato dall’ammoniaca (NH3) che risulta dall’interazione di letame e urina. Però anche l’industria, i trasporti e il traffico sono responsabili di emissioni di ossidi di azoto (NOx), che in parte finiscono nell’atmosfera come particolato e smog e, dunque, sono una minaccia per la salute pubblica. Gli ossidi di azoto e l’azoto prodotto dall’ammoniaca vengono parzialmente depositati e si accumulano. Ciò comporta quindi l’acidificazione, rendendo impossibile la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali nelle aree colpite.
Per questo gli esperti di Wageningen hanno costituito una task force e hanno creato una vera e propria tabella di marcia per determinare le azioni necessarie a ridurre questo fenomeno letale. La sfida è coniugare la strategia nazionale con soluzioni locali e creare i presupposti per un’agricoltura davvero sostenibile, per gli allevatori e i coltivatori, ma anche per l’equilibrio degli ecosistemi.
Il piano è stato realizzato da un team multidisciplinare, guidato da Tia Hermans, Senior Resercher Agriculture and Nature, e prevede un’analisi dei dati per aree geografiche, l’individuazione dei possibili effetti delle diverse misure nazionali disponibili e la valutazione delle reali condizioni di salute della natura.
Secondo la ricercatrice Tia Hermans, la natura è gravemente colpita dall’acidificazione e dall’eutrofizzazione prodotte dai depositi di azoto sul terreno. Inoltre, l’inaridimento costituisce un grave problema per l’ambiente. Le riserve naturali, purtroppo poi, sono spesso piccole e isolate e questo rende gli habitat più vulnerabili e ostacola le vie di fuga della fauna. Secondo Hermans: “non basta concentrarsi sui valori di azoto, ma bisogna valutare le situazioni nel loro insieme ed è necessario contemplare tutte le possibili opzioni per ripristinare l’equilibrio della natura, come recuperare le acque sotterranee e creare dighe naturali per contenere l’acqua piovana”.
Se, malgrado le azioni intraprese, le emissioni di azoto rimangono elevate e la qualità della natura rimane al di sotto della media, bisogna valutare quali soluzioni regionali possono contribuire a ridurre i livelli di azoto. “Gli agricoltori locali potrebbero sostituire i vecchi fienili con quelli a basse emissioni, ridurre la quantità di proteine nei mangimi, passare a forme di agricoltura estensiva, valutare i vantaggi dell’agricoltura circolare”, ha affermato Hermans. “Va contemplata anche la possibilità di ampliare le riserve naturali e ottimizzare il collegamento tra le diverse riserve naturali.”
Se i problemi rimangono irrisolti, l’unica opzione è ripercorrere la tabella di marcia più volte perché la nuova messa a punto di un passaggio comporta automaticamente la regolazione degli altri passaggi.
Secondo il team di Wageningen, i settori dell’industria, dei trasporti, del traffico e delle costruzioni dovrebbero dare il loro contributo e i loro dati andrebbero ad aggiungersi nei modelli matematici utilizzati dai ricercatori per calcolare i livelli di azoto. “Non è solo il settore agricolo che dovrebbe contribuire a ridurre i livelli di azoto”, sottolinea Hermans.
In ogni caso il rapporto del Comitato Remkes, pubblicato l’8 giugno, ha indicato che il settore agricolo deve fare passi da gigante nella riduzione delle emissioni di azoto. Secondo Hermans. ‘Il settore agricolo è focalizzato sulla produzione. Gli agricoltori, le aziende di trasformazione e i fornitori hanno investito, ma gli effetti collaterali delle loro attività sulla natura e sull’ambiente non hanno mai fatto parte dei costi di produzione. Per prendere le giuste decisioni, è necessaria una prospettiva più ampia e devono essere inclusi costi e guadagni pubblici. La natura non ha un valore economico immediato, quindi nessuno la valuta, in realtà andrebbe presa in considerazione come fattore fondamentale della salute e del benessere.”