Recentemente sono stati presentati i dati di due ricerche che fanno il punto sulla presenza e sulle responsabilità delle donne nel nostro Paese.
La prima è la decima edizione dell’Osservatorio PMI realizzato da Global Strategy, la società di consulenza strategica e finanziaria fondata e guidata da Antonella Negri-Clementi.
L’indagine ha identificato 724 aziende eccellenti, quelle che negli ultimi 5 anni hanno registrato regolarmente risultati migliori rispetto ai competitor di settore in termini di crescita, redditività e solidità finanziaria.
Dall’analisi è emerso che il 75% di queste imprese è guidata da un Consiglio di Amministrazione, mentre il restante 25% da un Amministratore Unico, per un totale di 2.369 tra Amministratori e Consiglieri, di cui 1.913 uomini e 456 donne (cioè il 19% del totale).
In particolare, il 57% degli organi amministrativi di queste aziende è costituito esclusivamente da uomini. Il restante 43% vede una componente femminile, che però, in molti casi, si limita ad una presenza dettata dalle “quote rosa”. Con il crescere del numero di Consiglieri aumentano le aziende con donne nel CdA ma non la percentuale di donne sul totale degli Amministratori.
Gli amministratori hanno un’età media di 56,4 anni; in media le amministratrici donna sono più giovani di 2,1 anni rispetto agli Amministratori uomo (54,7 vs 56,8 anni).
A livello geografico la maggior penetrazione di aziende eccellenti con presenza di donne tra gli Amministratori e Consiglieri si registra nelle regioni del Nord Ovest (il 50% contro il 43% a livello nazionale) e la minore nel Sud e nelle Isole (18%). I macrosettori con maggiore presenza femminile in ruoli strategici sono il Manifatturiero(45%), i Servizi (46%), il Commercio (37%). In particolare i settori che si distinguono maggiormente sono la Meccanica e il Food.
E passiamo alla seconda ricerca quella realizzata da SWC per l’Associazione Pink Lady, “L’imprenditoria al femminile nella filiera del food”.
La ricerca, condotta a livello nazionale, ha analizzato distintamente un panel di imprenditrici e un campione di donne di età compresa tra i 29 e i 65 anni. I dati indicano che in Italia sono oltre 600.000 le figure femminili alla guida di un’impresa agroalimentare e rappresentano il 29% del totale della filiera. Con il 18%, il settore è al terzo posto tra quelli con maggiore concentrazione femminile, dopo commercio e servizi.
In Italia, nel 2017 le imprese al femminile erano oltre 1.331.000, pari al 21,86% del totale: 10.000 in più rispetto all’anno precedente e quasi 30.000 in più rispetto al 2014. Eppure, secondo i dati raccolti dalla Commissione Ue, nei 28 paesi membri le donne titolari d’impresa guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi uomini.
Inoltre, il 60% delle intervistate ha sempre avuto l’obiettivo di fare l’imprenditrice e l’80% viene da una famiglia con un’azienda nel settore agroalimentare. Per il 54% si è trattato di una scelta, mentre per il 40% di un’occasione e solo per il 6% di un ripiego.
Non mancano però le criticità: la difficoltà di accesso al credito (47%) e ai servizi di prossimità nelle aree rurali (40%), l’impreparazione del mercato all’innovazione (20%), lo scarso accesso ad attività di ricerca (20%), l’insufficienza di corsi di formazione accessibili e adeguati (13%). Per quanto riguarda le lacune da colmare, tante donne intervistate ammettono una limitata esperienza di marketing e comunicazione (27%), la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia (27%) e una scarsità di servizi informatici e tecnologici (7%).