È stata inaugurata il 25 giugno scorso, è a Lelystad e si estende per circa 105 ettari. Qui agricoltori e ricercatori testano nuove pratiche agronomiche e tecnologie per riuscire a mettere d’accordo finalmente la scienza agraria con principi ecologici.
L’obiettivo della nuova Farm of the Future è mettere a punto metodologie sostenibili che ripristinino gli equilibri della natura ed arginare i danni che sta creando il modo in cui continuiamo a produrre il nostro cibo.
‘Negli ultimi anni, molto è stato detto e fatto nel campo dell’agricoltura e dei cambiamenti climatici, del degrado del suolo, della scomparsa della biodiversità, del problema dell’azoto e dei residui di pesticidi nell’ambiente. Ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso, l’agricoltura si è concentrata sulla crescita e non possiamo continuare su questa strada e molti agricoltori lo hanno capito.” Questa l’opinione del ricercatore di agro-ecologia Wijnand Sukkel, che guida il nuovo progetto.
Secondo Sukkel, ‘Nel ventesimo secolo l’idea dominante era che potevamo controllare tutto attraverso l’uso di fertilizzanti artificiali, pesticidi e macchinari. Ora stiamo diventando sempre più consapevoli del fatto che tutto è interconnesso all’interno dei sistemi naturali, basta pensare al suolo. È un ecosistema vivente e dovrebbe essere trattato come tale.”
The Farm of the Future lavora su più fronti in una logica circolare per riuscire ad avere il minor impatto possibile sull’ambiente, combattere l’inquinamento e lo spreco di nutrienti come azoto e fosfato. Ma l’obiettivo è soprattutto ripristinare gli equilibri della natura – specie animali e vegetali – partendo soprattutto dalla salute del suolo. Per Sukkel questo risultato può essere raggiunto per esempio attraverso le lavorazioni del terreno e l’impiego di tecniche basate sulla diversificazione e la rotazione delle colture, che danno buoni risultati, ma la transizione verso questi nuovi modelli è difficile perché la tendenza diffusa è quella di avere campi estesi con un’unica cultura.
Nell’ambito della Farm of the Future sono utilizzati anche GPS, sensori, satelliti, droni, tecnologie informatiche e robotica, tutte soluzioni che contribuiscono alla cosiddetta agricoltura di precisione e che permettono agli agricoltori di somministrare quando serve e nelle quantità necessarie acqua, fertilizzanti o pesticidi per metro quadrato o anche per pianta.
“L’agricoltura di precisione è un modo eccellente per ottenere una produzione più sostenibile e rafforzare l’ecologia. L’uso improprio di pesticidi, biocidi ed erbicidi per combattere insetti, funghi, malattie ed erbacce fa danni enormi ed è come sparare con un cannone contro una zanzara.” Nella maggior parte dei casi, oltre l’ottanta per cento del prodotto non raggiunge il punto in cui è necessario. “Inoltre, gli insetticidi uccidono anche altri organismi, compresi gli antagonisti naturali degli insetti nocivi. Tuttavia, se usati con parsimonia e precisione, i pesticidi possono essere utili per le piante che sono già state colpite, aggiunge Sukkel. “Lavorando in modo intelligente, nella maggior parte dei casi è possibile ridurre di venti volte l’uso degli agenti fitosanitari.”
Alla Farm of the Future vengono anche condotti esperimenti per immagazzinare energia eolica e solare sotto forma di idrogeno. Una opzione che consente agli agricoltori di utilizzare questo gas come fonte di energia per la loro azienda e come fonte di combustibile pulito per i loro trattori e camion. Ma si stanno anche cercando soluzioni per evitare la compattazione del suolo. Macchinari pesanti e lavorazioni intensive come l’aratura compattano il terreno, che in tal modo non può assorbire l’acqua piovana preziosa nelle stagioni estive secche.
The Farm of the Future collabora con gruppi di agricoltori, start-up e diverse grandi aziende dei Paesi Bassi ma anche con altri gruppi di ricerca e organizzazioni internazionali come il World Wildlife Fund, che si impegna a sostenere la biodiversità nelle aree rurali.
Insetticidi, gli effetti allarmanti sulle colonie di formiche
A proposito di insetticidi, questa settimana, gli scienziati dell’Istituto di Bee Health dell’Università di Berna hanno pubblicato uno studio che dimostra con evidenze e dati che anche residui ridotti di insetticidi neonicotinoidi nei terreni influenzano negativamente lo sviluppo delle formiche nere dei giardini (Lasius niger).
“Le formiche sono uno dei gruppi animali più importanti del nostro pianeta, una popolazione preziosa e in evidente diminuzione”, ha affermato Daniel Schläppi dell’Istituto di salute delle api dell’Università di Berna, principale autore dello studio.
E i dati suggeriscono che i pesticidi sono tra le cause principali di questo calo perché “un problema di queste sostanze è la loro persistenza e il potenziale di contaminazione di suoli e acqua, anche nelle aree in cui non vengono applicate”, afferma il co-autore Gaétan Glauser dell’Università di Neuchâtel.
Questo studio ha messo in evidenza per la prima volta come l’esposizione a basse concentrazioni, che non inducono mortalità diretta, influenza la vita delle formiche nel lungo periodo. I dati, raccolti presso l’Università di Berna in collaborazione con Agroscope e l’Università di Neuchâtel, dimostrano chiaramente effetti a lungo termine precedentemente trascurati, che non sono rilevabili durante il primo anno di sviluppo delle colonie.
In particolare, il tiamethoxam ha un chiaro impatto negativo sulla salute delle formiche. Questo è un insetticida neonicotinoide usato per combattere gli insetti nocivi che minacciano i raccolti ma ci sono sempre più prove che dimostrano che il tiamethoxam e simili prodotti chimici utilizzati per l’agricoltura hanno conseguenze negative per altri insetti benefici, tra cui formiche e api da miele.
“Con il nostro studio dimostriamo che le formiche, che svolgono un ruolo molto importante nei nostri ecosistemi e forniscono preziosi servizi ecosistemici come il controllo dei parassiti naturali, sono influenzate negativamente anche dai neonicotinoidi”, ha affermato Schläppi.
In questo studio, le colonie di formiche nere dei giardini sono state cronicamente esposte a concentrazioni realistiche sul campo di tiamethoxam per 64 settimane. Le colonie erano state allevate in laboratorio da regine catturate sul campo. Prima del primo svernamento non era visibile alcun effetto dell’esposizione neonicotinoide sulla forza della colonia. Tuttavia, al secondo svernamento è emerso che le colonie esposte al tiametossam erano significativamente più piccole delle colonie di controllo e che gli effetti nel tempo potevano compromettere la stessa sopravvivenza della colonia.
Gli autori ribadiscono il ruolo decisivo delle formiche negli ecosistemi naturali e quindi, dati alla mano, sostengono che i neonicotinoidi rappresentano una minaccia al funzionamento dell’ecosistema. Per questo suggeriscono anche di includere le formiche come organismi modello e di integrare pienamente gli effetti a lungo termine nei futuri schemi di valutazione del rischio per un’agricoltura più sostenibile.