Il suolo è molto di più di quello cui siamo abituati a pensare. È alle origini di tanta parte del nostro cibo e casa insostituibile per moltissimi esseri viventi, di ogni dimensione. Ma è una dimora sicura e accogliente anche per le api, così cruciali per l’impollinazione di circa il 90% della vita vegetale.
Rebecca Lybrand con il suo team della Oregon State University sta studiando l’interazione tra le api e il suolo in ambienti agricoli. Recentemente ha anche pubblicato un documento che dà indicazioni chiare: le api contribuiscono ogni anno per 15 miliardi di dollari al valore totale del raccolto; nei soli Stati Uniti impollinano circa i tre quarti della frutta, della verdura e delle noci. Dunque, il declino delle colonie di api rappresenta una grave minaccia per l’agricoltura e per l’approvvigionamento alimentare globale.
“I coltivatori che desiderano attirare impollinatori alternativi, come le api selvatiche, si trovano però ad affrontare una serie di incognite”, afferma Lybrand “perché non ci sono molti studi che aiutano a comprendere quali siano gli habitat ideali per le api selvatiche”.
La creazione di edifici, parcheggi e l’introduzione da parte dell’uomo di altre modifiche negli habitat alterano gli ecosistemi naturali di animali e piante e colpiscono in modo particolare proprio le comunità di api, che ne subiscono i contraccolpi in modo più pesante di tante altre specie.
In alcuni casi, come riferisce lo studio, i coltivatori sono stati in grado di costruire “letti di api” nelle loro aziende agricole e nello stato di Washington, negli anni ’50, hanno progettato aree di terreno umide e salate per attirare le api. In questo modo gli insetti sono riusciti a nidificare a terra e hanno contribuito ad aumentare i raccolti.
Nel suo studio, Lybrand ha esaminato le proprietà fisiche e chimiche dei suoli che ospitano siti attivi di api e vespe nella Willamette Valley, nell’Oregon occidentale, una zona con inverni umidi ed estati molto calde, e ha confrontato le proprietà del suolo di sette siti di aziende agricole per identificarne somiglianze e differenze.
Il team, collaborando con gli agricoltori, è riuscito ad osservare le attività delle api nei campi identificando i loro i nidi caratterizzati dai fori particolarmente piccoli (solo 3-5 mm).
L’osservazione dei movimenti delle api ha consentito di raccogliere dati certi anche perché nidi e buche possono rimanere ugualmente dopo che le api se ne sono andate. Per ogni sito, il team ha registrato il tipo di ape a livello di famiglia, oltre al genere e alla specie, e ha anche recuperato alcuni esemplari per esaminarli in laboratorio e identificarli in modo più preciso.
I dati raccolti nei campi includevano la temperatura, il pH e la consistenza del suolo. Sono stati anche recuperati campioni di suolo per effettuare analisi puntuali in laboratorio.
I risultati dello studio hanno evidenziato che i siti di nidificazione attivi erano presenti in luoghi con scarsa o nessuna copertura rocciosa e con vegetazione ridotta. Sono stati trovati siti di nidificazione in aree con poca presenza di materia organica. La pendenza del terreno non è risultata un fattore determinante, né la collocazione geografica (nord / sud).
“Durante le nostre osservazioni abbiamo riscontrato che i buchi di emergenza attivi sono rimasti aperti durante tutto l’anno”, ha affermato Lybrand. “Non si sono gonfiati durante le stagioni più umide e più fredde, nonostante ci fosse argilla nei terreni in grado di provocare alterazioni nell’assetto del suolo stesso”. Una scoperta interessante è stato il rinvenimento di lipidi nei rivestimenti dei nidi, i lipidi riescono a impermeabilizzare i nidi e a proteggere i loro abitanti.
“Poiché la stragrande maggioranza delle specie di api selvatiche nidifica nel terreno, è importante studiare le modalità migliori per riuscirle ad attirare nelle aziende agricole”, ha affermato Lybrand. “Gli scienziati del suolo e gli entomologi possono collaborare con i coltivatori per identificare gli habitat ideali ed è importante migliorare la nostra comprensione delle connessioni tra l’agricoltura e il suolo e individuare i requisiti necessari per cui le api, i raccolti e gli organismi viventi possono sopravvivere. La nostra ricerca ha anche fornito un quadro importante per lo studio di tanti organismi che nidificano nel suolo, un’area al momento troppo poco esplorata”.
In prospettiva Lybrand intende identificare e integrare metodi appropriati per le api e / o le vespe a livello di specie e si propone di studiare meglio la natura e lo scopo dei lipidi trovati nei rivestimenti dei nidi nel suolo per comprenderne meglio il ruolo effettivo.
Questa ricerca è stata pubblicata nel Soil Science Society of America Journal, una testata della Soil Science Society of America. Lo studio è stato finanziato con un grant per la Agricultural Research Foundation dell’Oregon State University.
L’immagine è di Jennifer Fedenko.