Per poter crescere le piante devono riuscire a utilizzare l’acqua e ad assorbire l’anidride carbonica in modo efficiente e questo dipende soprattutto dalla disponibilità di azoto e di fosforo e dal loro equilibrio nell’ecosistema. L’uomo però con le sue attività introduce nell’ambiente ulteriori quantità di azoto, sia fertilizzando i campi sia per effetto della combustione di combustibili fossili, e crea uno squilibrio tra i due nutrienti che influisce sulla crescita e sulla produttività delle stesse piante e sull’ecosistema.
In un esperimento su larga scala, i ricercatori del Max Planck Institute for Biogeochemistry hanno analizzato come un ecosistema naturale risponde alla disponibilità squilibrata di azoto e fosforo.
In una savana semiarida situata a Majadas de Tietar, al centro della penisola iberica, due aree limitrofe di circa 20 ettari sono state fertilizzate o con solo azoto – simulando lo squilibrio dei nutrienti – o con un apporto bilanciato di azoto e fosforo. Una terza area non è stata fertilizzata ed è servita come parametro di controllo. La risposta dell’ecosistema è stata continuamente monitorata con una varietà di tecnologie all’avanguardia e si sono registrati i valori ambientali e fisiologici della vegetazione e dei suoli sottostanti.
Nei 5 anni successivi alla fertilizzazione il trattamento con solo azoto ha portato a un aumento della crescita della vegetazione rispetto al campo di controllo ma ha indotto un aumento del consumo di acqua dell’ecosistema. Questa perdita d’acqua si è manifestata come aumento del tasso di evapotraspirazione e come ridotto contenuto di umidità del suolo. Il trattamento bilanciato con l’aggiunta sia di azoto sia di fosforo, invece, non ha avuto implicazioni sul consumo di acqua nonostante la vegetazione sia cresciuta in modo simile a quella trattata con solo azoto. La conclusione di Mirco Migliavacca, capogruppo presso l’Istituto Max Planck per la biogeochimica è stata la seguente “La disponibilità equilibrata di nutrienti porta a un uso più efficiente dell’acqua”
Risultati simili erano stati già ottenuti in precedenza, anche se su scala più piccola, da altri ricercatori, che hanno analizzato foglie di singole piante o anche piante intere o comunità vegetali in esperimenti in ambienti naturali controllati, i cosiddetti mesocosmi. “Questa, però, è la prima volta che viene dimostrato un maggior consumo d’acqua dovuto allo squilibrio dei nutrienti in un intero ecosistema naturale, in una situazione reale”, afferma Tarek El-Madany, scienziato del Max Planck Institute for Biogeochemistry.
Il maggior consumo d’acqua secondo i ricercatori ha due cause prioritarie. In primo luogo, azoto e fosforo hanno effetti diversi sull’apertura degli stomi, i minuscoli pori delle piante che consentono l’assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera ma allo stesso tempo portano alla perdita di acqua per traspirazione. In secondo luogo, le piante cercano di bilanciare l’assorbimento dei nutrienti dissolvendoli dal suolo attraverso gli essudati radicali. Nel corso della sperimentazione con il trattamento del solo azoto, infatti, sono stati riscontrati un aumento della biomassa radicale e un’alterazione della sua morfologia. Il progetto ha anche rilevato che gli alberi nel sito sperimentale non hanno modificato il loro assorbimento di carbonio e l’uso di acqua quando sono stati fertilizzati in modo diverso per 5 anni. Ciò può essere spiegato dal fatto che lo strato erbaceo con il suo apparato radicale poco profondo risponde rapidamente alla fertilizzazione nello strato più alto del suolo, mentre gli alberi con radici più profonde non subiscono conseguenze dai cambiamenti di nutrienti.
Secondo i ricercatori, dunque, è importante studiare gli effetti dei nutrienti a livello di ecosistema, soprattutto nelle regioni in cui il cambiamento climatico porta a un aumento delle temperature e al simultaneo esaurimento dell’acqua. “Quando l’acqua scarseggia, come nelle regioni semiaride, le limitazioni del fosforo rispetto all’azoto possono esacerbare le perdite idriche dell’ecosistema perché le piante utilizzano l’acqua in modo meno efficiente” conclude Migliavacca.
I dettagli nello studio pubblicato su Journal of Geophysical Research – Biogeosciences
…il casino aumenta quando si pensa che i suoli con minor contenuto d’acqua spesso hanno un pH tendente verso l’alcalino e in queste condizioni il Fosforo non si rende solubile e quindi non è disponibile per le piante, al contrario dell’azoto che è un elemento che più difficilmente si insolubilizza nel terreno…