Le piante che vivono principalmente negli habitat terrestri sono ancorate al suolo attraverso le radici e le loro prestazioni dipendono sia dalle condizioni del suolo sotterraneo che dal clima esterno. Per crescere utilizzano la luce solare attraverso il processo di fotosintesi: l’energia luminosa viene convertita in energia chimica nei cloroplasti, le centrali elettriche delle cellule vegetali. La quantità e la qualità della luce percepita dai cloroplasti attraverso i pigmenti che assorbono la luce, come la clorofilla, sono i fattori che condizionano la crescita e la salute delle piante. Una quantità sostanziale dei composti chimici prodotti durante la conversione dell’energia luminosa in energia chimica, chiamati fotoassimilati (principalmente zuccheri), viene trasferita nel compartimento delle radici e investita nel terreno circostante per sostenere la crescita microbica.
Le radici, dunque, ospitano comunità microbiche complesse di batteri ed eucarioti filamentosi (cioè funghi e oomiceti) e la composizione di queste comunità influenza profondamente le prestazioni delle piante. Ma come e in che misura le piante possono sfruttare i microbi sotterranei per orchestrare le risposte allo stress in superficie rimane ancora un’incognita inesplorata. Ora, un nuovo studio condotto da Stéphane Hacquard e dai suoi colleghi del Dipartimento Plant-Microbe Interactions del Max Planck Institute for Plant Breeding Research di Colonia ha fatto luce su queste connessioni tra superficie e sottosuolo.
Per comprendere il fenomeno Shiji Hou, principale autore dello studio, ha eseguito esperimenti in cui le condizioni di luce fuori terra e le condizioni microbiche sotterranee potevano essere controllate. Confrontando la crescita di Arabidopsis thaliana (Thale Cress) coltivata in assenza di microbi radicali con una pianta colonizzata da una complessa comunità di 183 batteri, 24 funghi e 7 oomiceti, i ricercatori hanno osservato che la presenza di microbi compensava il deficit di crescita delle piante in condizioni di scarsa illuminazione. Gli esperimenti di inoculazione con agenti patogeni fogliari hanno inoltre indicato che le piante colonizzate da microbi erano anche più resistenti ai patogeni fogliari in superficie rispetto alle piante di controllo prive di germi, indicando che la presenza di microbi radicali può promuovere sia la crescita delle piante sia la difesa in condizioni di scarsa illuminazione.
Confrontando le risposte di crescita e di difesa delle piante colonizzate tra le due condizioni di luce, gli scienziati hanno osservato che l’investimento nella crescita in condizioni di scarsa illuminazione è andato a scapito della difesa, poiché le risposte di difesa indotte dal microbiota erano ridotte e le piante erano più suscettibili ai patogeni fogliari sotto luce bassa. Sulla base di questa osservazione, gli autori dello studio hanno quindi ipotizzato che quando le condizioni di luce non sono ottimali, le piante favoriscono la crescita indotta dai microbi rispetto alle risposte di difesa indotte dai microbi.
Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno esaminato diversi mutanti di A. thaliana per identificare quelli che non sono riusciti a investire nella crescita in condizioni di scarsa illuminazione. Coerentemente con la loro ipotesi, i mutanti identificati erano invece più resistenti ai patogeni fogliari. Inoltre, gli scienziati hanno scoperto che la presenza del fattore di trascrizione dell’ospite MYC2 era cruciale per favorire la crescita indotta dal microbiota invece che la difesa in condizioni di scarsa illuminazione.
I ricercatori hanno poi continuato a indagare se la composizione della comunità microbica sotterranea potesse spiegare l’investimento nella crescita a scapito della difesa in condizioni di scarsa illuminazione. Per fare ciò, hanno analizzato la composizione del microbiota radicale attraverso i diversi mutanti di A. thaliana e hanno osservato che la composizione della comunità batterica era notevolmente diversa a seconda che le diverse piante avessero investito nella crescita in condizioni di scarsa illuminazione. Questo esperimento ha portato all’identificazione di 67 ceppi batterici associati alla tutela della crescita delle piante in condizioni di scarsa illuminazione. Per testare un potenziale nesso causale, i ricercatori hanno preparato tre diverse comunità batteriche composte da: 1) tutti i 183 ceppi, 2) i 183 ceppi privi dei 67 ceppi previsti come importanti per il salvataggio della crescita o 3) i 67 ceppi da soli. Sorprendentemente, le piante di tipo selvatico di A. thaliana colonizzate dalla comunità di 67 membri hanno investito nella crescita in condizioni di scarsa illuminazione, mentre quelle colonizzate dalla comunità priva di questi ceppi batterici non lo hanno fatto, favorendo invece una migliore resistenza all’infezione fogliare da parte di agenti patogeni.
Il commento di Stéphane Hacquard: “I nostri risultati suggeriscono che la crescita delle piante e le risposte di difesa sono impegnate in diversi cicli di feedback con il microbiota radicale a seconda delle condizioni di luce fuori terra. È probabile che il cambiamento indotto dalla luce nei profili di essudazione delle radici sia un meccanismo importante che stimola la crescita di particolari commensali radicali batterici benefici che stimolano la crescita delle piante, a scapito delle risposte di difesa in condizioni di scarsa illuminazione”.
Nelle piante esistono dunque circuiti microbiota-radice-germoglio che ricordano quelli dell’asse microbiota-intestino-cervello degli animali, in cui è emerso un legame diretto tra commensali intestinali e funzioni cerebrali: la radice batterica e i commensali intestinali hanno importanti funzioni nel modulare le risposte allo stress non solo a livello locale, ma anche negli organi ospiti distanti.
Applicando le conoscenze acquisite in questo studio dunque si potrebbero progettare comunità microbiche sintetiche con funzioni modulari da impiegare per promuovere la resistenza delle piante a particolari stress biotici o abiotici e, dunque favorire la salute delle piante in natura.
Lo Studio “A microbiota-root-shoot circuit favours Arabidopsis growth over defence under suboptimal light.