Difficile far tornare i conti. Il prezzo del latte è una piaga che sta facendo soffrire da tempo il settore, le vittime sono tante e sono sempre più numerosi quelli che decidono di abbandonare l’attività. Ma l’Associazione Italiana Latte Nobile ha trovato una via d’uscita adottando un modello di business, e un disciplinare, che permette di offrire al consumatore un latte di una qualità speciale, riconosciuta e certificata, e di dare all’allevatore il giusto ritorno economico.
Quello del “Latte Nobile” è un modello di sviluppo zootecnico ideato dal professor Roberto Rubino, un progetto che è diventato realtà grazie all’ Associazione Nazionale Formaggi Sotto il Cielo” (“A.N.FO.S.C” Onlus) e al contributo di diversi dipartimenti di università italiane.
Ma cos’ha di speciale questo latte che costa di più e perché sceglierlo in presenza di tanti altri tipi di latte comunque definiti di alta qualità?
Questo latte è prodotto da bovini, ovini, caprini, bufalini ed equini alimentati con foraggi freschi e/o conservati secchi (fieno), il rapporto foraggio/concentrati deve essere di 70/30.
Più alto è il numero di erbe presenti nei prati, più elevata è la qualità del latte, un valore aggiunto che assicura l’equilibrio alimentare degli animali e che aiuta a ristabilire la biodiversità dei territori. Secondo il disciplinare, il numero di erbe presenti nei prati non può essere inferiore a quattro, a costo di costringere l’allevatore a comprare o seminare due tipologie di fieno.
Tutti gli insilati sono vietati. È vietato l’impiego di foraggi geneticamente modificati e di foraggi contaminabili da colture transgeniche.
Gli animali devono vivere in condizioni ottimali, trascorrendo gran parte del tempo a pascolare nei prati; gli spazi devono evitare la competizione alimentare e la competizione per l’accesso all’acqua, che deve essere pulita e avere un flusso adeguato. Gli animali devono disporre di aree di riposo pulite e confortevoli e devono potervi accedere in modo sicuro senza dover correre il rischio di lesionarsi con le strutture.
Questi aspetti e tanti altri – il disciplinare è quanto mai dettagliato – rendono il Latte Nobile davvero diverso dal latte tradizionale di alta qualità. Non solo. Il modello definisce anche i criteri per l’identificazione, la tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti, le procedure di controllo e i criteri per le sanzioni in caso di inottemperanza.
Per arrivare a individuare in modo scientifico le correlazioni tra alimentazione, stile di vita e habitat degli animali e indicare con precisione le modalità di allevamento e di produzione del latte il lavoro è stato complesso, ma alla fine si è raggiunto l’obiettivo.
Il Latte Nobile si distingue per sapore e profumo, ma soprattutto per il rapporto Omega6/Omega3 e per il GPA, il grado di protezione antiossidante, dovuto tra l’altro alla presenza di betacarotene.
Mentre nel latte da allevamento intensivo (tra cui quello di alta qualità) il rapporto tra Omega6 e Omega3, ovvero grassi saturi e polinsaturi, è favore dei primi, nel Latte Nobile è decisamente a favore dei secondi, prevalgono i grassi insaturi. In parole povere questo latte non solo non aumenta il colesterolo, ma lo abbassa, e apporta una grande quantità di polifenoli e antiossidanti derivati proprio dalle diverse erbe di cui si nutrono le bestie.
Nella fase iniziale l’A.N.F.O.S.C ha avuto un ruolo fondamentale nel coinvolgere i protagonisti della filiera, ma anche le università, che avevano contribuito con i loro studi, hanno dato una mano a far conoscere il modello.
La comunicazione ufficiale è iniziata con l’apertura del sito, poi è stato un susseguirsi di partecipazioni a manifestazioni, seminari, serate di degustazione, incontri…L’obiettivo era far conoscere la qualità dei quel latte e coinvolgere il maggior numero di consumatori e di categorie professionali: dal mondo della medicina al mondo della ristorazione.
Decisivo poi l’intervento di Slow Food Campania, partner nel progetto di ricerca, che ha avviato la procedura per far diventare il Latte Nobile dell’Appennino Campano un Presidio Slow Food.
Oggi il Latte Nobile ha produttori in Campania, Lazio, Molise, Basilicata, Piemonte, Veneto, Sardegna ed è un modello di business che funziona e da soddisfazioni.
E il professor Rubino ne va a parlare in tutto il mondo come di un “modello nobile”, che potrebbe essere esteso a tutte le produzioni agricole, per lui è “una strategia che permette di scegliere il livello qualitativo per l’agricoltura: latte, carne, mais, grano…”
Come dargli torto?
un modello valido, che andrebbe seguito anche in molti altri settori coinvolgendo i consumatori su un acquisto consapevole, un po’ più costoso forse, ma in grado di dare un movimento più “sano” a tutta la catena distributiva.
totalmente d’accordo