Tutto nasce tra i banchi dell’Università, in particolare del Politecnico di Torino, si parla, si fanno ipotesi sul futuro e ci si interroga se l’ingresso in un’azienda, per quanto paludata o innovativa, sia proprio la strada migliore da intraprendere. Tra quei giovani ingegneri alcuni hanno le idee molto chiare. Cercano un modello diverso di lavoro, di collaborazione, di partecipazione, in fondo anche di vita: sostenibile, non troppo cristallizzata e regimentata, con valori e obiettivi più ampi.
Così nasce “Secondo Principio”, una piccola realtà il cui nome è ispirato al principio della termodinamica – si potrebbe banalizzare in “tutto si trasforma” – che si occupa di tecnologie informatiche e in particolare dell’applicazioni dei sensori per aumentare l’efficienza delle imprese. Qualcuno di loro ad un certo punto cambia idea ma quelli che rimangono cambiano solo il nome dell’azienda e procedono perseguendo e condividendo gli stessi ideali. Dopo studi di mercato, con occhi sempre attenti alle dinamiche internazionali, la piccola squadra di “Primo Principio” decide che è proprio l’agricoltura il settore di cui vuole occuparsi e nel team entrano degli agronomi e anche un sociologo. Qui c’è davvero tanto da fare e le tecnologie possono migliorare in maniera sostanziale la qualità delle attività dei coltivatori e dei loro prodotti. Bisogna farle conoscere però superando la diffidenza, il ruolo del sociologo ha un suo perché.
“Dieci anni fa era sicuramente da visionari scegliere questo mercato e forse in parte lo è ancora oggi. Malgrado sia ben chiaro a tutti che le soluzioni per l’agricoltura di precisione possono cambiare l’efficienza e la produttività delle imprese, piccole o grandi che siano, gli investimenti sono molto ridotti e in generale c’è una discreta resistenza alle innovazioni e ai cambiamenti. Anche in questo campo infatti si deve voler fare un cambiamento di modello operativo e molti continuano a chiedersi quali sono i veri motivi per farlo”, afferma Federico Longobardi, Direttore tecnico e dello sviluppo commerciale dell’azienda.
Voi avete già realizzato molti progetti importanti ed in qualche modo esemplari, come quello con il Consorzio Agricolo del Collio, come siete riusciti ad essere convincenti?
“La nostra strategia è rendere tangibili e visibili le applicazioni e i vantaggi relativi all’adozione delle tecnologie e riuscire a incuriosire e interessare proprio gli agricoltori più scettici. Con il consorzio siamo partiti con dei progetti pilota in 18 aziende grazie a un fondo europeo e dopo tre anni di sperimentazioni abbiamo ottenuto risultati davvero importanti.
“I sensori sulle piante nei singoli lotti inviano una grande quantità di dati che permettono di curare le piante in modo quasi personalizzato, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e di prevenire la peronospora e altre malattie grazie a interventi mirati. Oggi quelle aziende sono entusiaste – afferma Longobardi – e hanno deciso di investire su queste tecnologie proprio perché le hanno vissute e provate e hanno toccato con mano il valore che ne deriva. Sul territorio il passaparola ha funzionato più di qualsiasi possibile strumento di marketing e oggi tante altre aziende vogliono intraprendere questo percorso di innovazione.
“Dico sempre che il nostro modo di operare è quasi lento, semina per raccogliere i giusti frutti nel momento giusto, dico anche che non diventeremo mai un’azienda interessante per gli azionisti. Vogliamo solo lavorare bene per i nostri clienti e pagare bene i nostri dipendenti e collaboratori, non ci proponiamo risultati da prime pagine dei giornali finanziari.”
Vino, olio, grano…sono casistiche completamente diverse come riuscite a proporre soluzione adeguate alle diverse esigenze?
“Parto dall’inizio e semplifico. I dati raccolti dai sensori e da altri strumenti arrivano via cloud ai nostri agronomi e ai nostri ingegneri che li leggono e costruiscono dei modelli previsionali sull’andamento delle colture. Questi dati – precisa Longobardi – vengono anche forniti al personale delle aziende e noi insegniamo loro a leggerli e interpretarli. Ma ad un certo punto, vista la specificità delle diverse coltivazioni, anche in una stessa azienda, ci siamo chiesti: perché non costruire un modello che ci aiuta a sviluppare i differenti modelli necessari? Così abbiamo ottenuto un finanziamento per la ricerca e lo sviluppo e siamo riusciti nel nostro obiettivo. Siamo partiti dalla raccolta di tutta la documentazione scientifica disponibile su ogni tipo di coltura e poi abbiamo sviluppato un software (Decision Support Systems) che riesce a creare modelli personalizzati in funzione delle esigenze delle diverse coltivazioni. Nel nostro sito wiforagri.com abbiamo schematizzato il funzionamento dei nostri modelli e devo ammettere che stanno riscuotendo grande interesse, anche l’ERSA, l’agenzia regionale per lo sviluppo rurale del Friuli Venezia Giulia, ci ha contattato perché intende promuovere e a facilitare l’adozione di questi nuovi strumenti sul territorio.”
Ma il passaparola ha funzionato anche fuori dal Veneto e il team di Primo Principio sta lavorando anche in Slovenia e presto farà un passo davvero importante: ha già contatti con un’azienda di consulenza brasiliana e presto debutterà con interlocutori particolarmente esigenti che operano su terreni davvero impegnativi. Funzionerà il loro modello di business e di vita oltreoceano? Noi ne siamo certi, il talento italiano quando c’è davvero è in grado di lasciare il segno. E fa la differenza.
La foto è di Primo Principio.