Nella lotta alla plastica e in tema di economia circolare, i ricercatori di Wageningen sono in prima linea e stanno affrontando il problema alle radici: sono impegnati a creare o identificare materiali che possano davvero avere più vite senza danneggiare l’ambiente. In un loro articolo viene data qualche anticipazione.
Il packaging in plastica per gli alimenti è difficile da riciclare e spesso finisce nell’ambiente, quello in cartone spesso contiene una pellicola resistente all’acqua, che può contenere anche la sostanza tossica PFAS, per questo a Wageningen si sta sviluppando un rivestimento biodegradabile e resistente all’acqua per il cartone, che può essere smaltito e riciclato in sicurezza in una logica di vera economia circolare.
Secondo uno studio condotto proprio dal centro di Wageningen, in Olanda solo il 27% degli imballaggi in plastica è realmente riciclabile. In fondo, se plastica e tessuti finiscono nell’inceneritore dopo la prima fase di selezione, non si può parlare di vero riciclo.
“Ora produciamo principalmente prodotti che sono perfetti per un primo utilizzo e vengono successivamente gestiti come rifiuti”, afferma Christiaan Bolck, responsabile del programma Renewable Materials presso Wageningen Food & Biobased Research.
“Abbiamo bisogno di prodotti che siano intrinsecamente circolari. Molti materiali di imballaggio in plastica sono difficili da riciclare perché possono essere contaminati dall’alimento stesso, ma anche perché sono realizzati con molti diversi tipi di plastica e in diverse combinazioni” aggiunge Bolck. “Inoltre, di solito non sono biodegradabili nel suolo o nell’acqua e spesso finiscono nell’ambiente. Lì, la plastica si accumula o si disintegra in piccole particelle nel suolo o nell’acqua e potrebbe persino finire nel ciclo alimentare. A peggiorare le cose, molte materie plastiche sono prodotte dal petrolio greggio, una risorsa fossile che vogliamo evitare di utilizzare per gli effetti che ha sul riscaldamento globale.”
A proposito di carta e cartone Block sostiene che potrebbero essere un’ottima alternativa agli imballaggi in plastica ma “questi materiali non sono sufficientemente resistenti all’acqua, per questo viene aggiunto uno strato di plastica. Nei cartoni del latte, ad esempio, l’interno è ricoperto da una pellicola di plastica, o in alternativa, vengono utilizzati prodotti chimici resistenti all’acqua, che possono anche contenere sostanze potenzialmente tossiche come PFAS. Naturalmente è preoccupante se queste sostanze raggiungono le nostre riserve di cibo e acqua, così come l’ambiente. Un ulteriore problema è il fatto che i composti di carbonio che compongono i PFAS resistenti all’acqua non si decompongono. Nemmeno dopo secoli.
Bolck e i suoi colleghi stanno sviluppando uno strato impermeabile di materiale a base vegetale che può essere applicato per realizzare imballaggi in cartone sicuri. “La sfida è sviluppare un rivestimento che fornisca alla carta le stesse proprietà della plastica: sicuro per il cibo e resistente all’acqua, ma anche riciclabile e biodegradabile, qualora dovesse entrare nell’ambiente. La natura ci ispira. Dopotutto, la natura produce anche sostanze a base vegetale che sono resistenti all’acqua o addirittura idrorepellenti e biodegradabili.’
Nel laboratorio Wageningen Recycling, gli scienziati simulano il processo di riciclo dei materiali. “Abbiamo un laboratorio speciale per la plastica, ma analizziamo anche carta, cartone, tessuti, metallo, vetro e materiali da costruzione”. Qui si studiano le proprietà come la biodegradabilità e la resistenza all’acqua ma si mettono anche a punto metodologie innovative per separare i composti e per valutare se i materiali possono essere utilizzati in sicurezza a contatto con gli alimenti. “
Da quanto si legge, il progetto sembra in dirittura d’arrivo con esiti positivi.
Ma anche in tema di tessuti per l’abbigliamento ci sono lavori in corso, anche perché il Ministero della Difesa olandese intende adottare uniformi che possano essere riciclate.
“Nella nostra visione, un punto di partenza per lo sviluppo del prodotto dovrebbe essere la valutazione dell’impatto che lo stesso prodotto ha e avrà sull’ambiente. Dovremmo considerare come utilizziamo le nostre risorse, come possono essere riutilizzate al meglio e se i materiali sono sicuri”, conclude Bolck. ‘Tuttavia questo non viene fatto abbastanza spesso. La responsabilità dei rifiuti è della società e non del produttore. In futuro, quindi, si spera che si estenda la responsabilità del produttore, dalla scelta del materiale, alla sua raccolta, al riutilizzo” .
Un’immagine del laboratorio di Wageningen dove si effettuano analisi e simulazioni.
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si, in effetti il finale apre degli scorci importanti, non tanto per la valutazione generale di impatto su nuovi prodotti (che dovrebbe essere obbligatoria, oggi come oggi), ma sulla responsabilità del produttore, una di quelle cose sul serio “da mettere in Costituzione”, una cosa che necessiterebbe un accordo internazionale a livello di Ente mondiale per il Commercio.