“Di persona che guarda e vede lontano nel tempo, che prevede cioè con saggezza gli sviluppi degli avvenimenti futuri e vi provvede in tempo; anche di chi mira a uno scopo lontano, e agisce in modo da crearsi le condizioni favorevoli per conseguirlo.”
È questa la definizione che dà la Treccani del termine lungimirante. Ecco a Bruno Garbini questo aggettivo calza a pennello. Ma di lui si può anche dire che è molto tenace e con un grande amore: la sua terra, le Marche.
Garbini da bambino affianca il nonno nei campi e poi da imprenditore agricolo di successo, con 750 dipendenti e un indotto di altre 600 persone, assiste a un’evoluzione del suo territorio e vede le difficoltà delle aziende agricole, che fanno sempre più fatica a mantenere profittevoli le loro attività. Vuole fare qualcosa. Vuole ripristinare l’equilibrio e la sostenibilità di quel territorio e delle sue persone, da tutti i punti di vista. Legge, studia, viaggia, si confronta e poi si imbatte nella agricoltura rigenerativa. In particolare viene a conoscenza del lavoro che sta realizzando il Rodale Institute in Pennsylvania.
Questo istituto dal 1981 applica le tecniche dell’agricoltura rigenerativa sui suoi 333 acri e studia i risultati della transizione dall’agricoltura convenzionale. I dati, raccolti negli anni, confermano il valore di queste pratiche: il suolo torna a recuperare il suo benessere, con vantaggi per le coltivazioni, in termini di qualità, rese, redditività.
Così nel 1988 a un pranzo ne parla con amici e dallo scambio di idee nasce l’ARCA, Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente, nome coniato dal noto giornalista Mino Damato.
Garbini divulga i concetti dell’agricoltura rigenerativa e coinvolge i coltivatori e nel 1992 sono circa 500 le aziende che scelgono questo percorso di trasformazione. Le evidenze scientifiche e i risultati convincono: la sostenibilità premia, fa bene al suolo e fa bene alla qualità dei prodotti, che è riconosciuta dal mercato.
Garbini crede in quelle idee. “Ho anche ricevuto dei premi e dei riconoscimenti di prestigio, andavo a parlare in trasmissioni televisive, ma a parte il generale apprezzamento per l’iniziativa i tempi non erano ancora maturi.” E così il progetto viene abbandonato.
Ma Garbini non molla mai. “Negli ultimi anni c’è molta più consapevolezza del valore della sostenibilità e gli stessi consumatori svolgono un ruolo chiave. Vogliono sapere come vengono coltivati i prodotti e come arrivano sulle loro tavole e vogliono potersi fidare del cibo che acquistano e di chi lo produce”.
Nel 2000 vende la sua azienda per motivi familiari e di salute, ma riprende quel progetto chiuso in un cassetto e nel marzo del 2016 costituisce la società ARCA Srl. Questa volta ad affiancarlo sono due imprenditori importanti e soprattutto amici, Enrico Loccioni, che con la sua azienda è leader nel campo della misurazione, e Giovanni Fileni, grande e indiscusso protagonista del mondo alimentare con il suo pollo biologico. Tutti sono accomunati dalla stessa passione per il territorio.
La forma giuridica scelta è quella della B-Corp, una società che oltre ad esercitare un’attività economica persegue finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente.
Riprende gli studi e avvia una serie di collaborazioni con le università. Ovviamente in prima linea ci sono le facoltà di agraria dell’Università Politecnica delle Marche e dell’Università degli studi di Udine.
Oggi nelle Marche, grazie al lavoro di ARCA, sono circa 3000 gli ettari di terreni coltivati che si stanno trasformando in una logica di agricoltura rigenerativa e i punti chiave di questa tecnica sono ben noti e vanno oltre il biologico: le lavorazioni sono ridotte, si promuovono rotazioni colturali, si utilizzano concimazioni organiche e si introducono cover crops, colture di copertura. Questo permette l’arricchimento del suolo in termini di microflora, microfauna e humus elementi preziosi per le culture. “I lombrichi sono tornati nei campi – afferma con soddisfazione Garbini – la terra ha ripreso a profumare di bosco e il terreno riesce a trattenere più acqua anche rispetto alla tradizionale agricoltura biologica.”
Ma ARCA vuole andare oltre. Vuole costruire filiere agroalimentari solide ed innovative che diano adeguati ritorni ai coltivatori, promuovendo i prodotti e il territorio. Vuole anche che tutti i processi siano tracciati e che i prodotti siano certificati per garantire al consumatore qualità e sicurezza. Vuole favorire il dialogo tra agricoltori e industria alimentare per dar vita a una vera economia circolare.
“In una logica di agricoltura sostenibile l’uso di tecnologie innovative è fondamentale, per questo stiamo incentivando le imprese ad adottare soluzioni in grado di rendere più efficienti le loro attività e ottimizzare il consumo delle risorse.
“Stiamo anche collaborando a tante iniziative in cui le parole chiave sono proprio “innovazione, sostenibilità e rigenerazione”. Siamo coinvolti in quattro progetti della Regione e partecipiamo a un progetto nell’ambito del programma Horizon 2020 sulle smart proteins, un argomento di grande attualità visto il fabbisogno di proteine alternative.”
Tutto fantastico, un circolo virtuoso perfetto. Ma se chiedete a Garbini come riuscirà a comunicare al consumatore tutte le storie che potrebbe raccontare di persona non vi risponderà con la solita generosità che lo contraddistingue. “Sicuramente non ricorreremo a una nuova etichetta, servono nuove modalità di comunicazione…
Non ci anticipa nulla. Probabilmente tornerà ad essere protagonista di articoli e trasmissioni televisive e non potremmo che riconoscergli la dote che lo contraddistingue: saper guardare lontano.