Da bambina non andava al parco giochi, andava nell’orto. Lì Beatrice si sentiva una piccola esploratrice, la sua guida era il nonno (con lei nella foto) che le insegnava a riconoscere le piante e a curarle, intercettando i segnali del loro benessere o della loro sofferenza. Dopo aver fatto il liceo è arrivato il momento della scelta dell’università, le idee erano altalenanti e poco chiare ma quando è arrivata alla voce “Agraria” Beatrice Cavenago ha avuto un’illuminazione, “era quella la mia facoltà, avrei dovuto saperlo, in fondo i segnali erano evidenti sin dall’inizio, l’amore per la terra e le piante mi è stato trasmesso da tutta la mia famiglia”.
All’Università Statale di Milano, Beatrice conclude la sua laurea triennale in “Produzione e protezione delle piante e dei sistemi del verde” e fa una tesi sperimentale sull’impiego del chitosano per debellare i funghi patogeni del fagiolo. Gli effetti del chitosano, un carboidrato ottenuto dall’esoscheletro di granchi e gamberetti, sono stati testatati e accertati in campo medico ma oggi vengono valutati anche per rendere più efficace e sostenibile la prevenzione e il trattamento delle malattie. Conclude anche la laurea magistrale e sono ancora le patologie delle piante al centro della sua tesi di laurea. Si occupa di muffa grigia delle viti e delle ben note muffe che deteriorano i frutti, studia gli effetti degli stilbeni, presenti negli organi della vite e così importanti per la resistenza alle condizioni di stress e in particolare ai patogeni. L’obiettivo è nuovamente cercare soluzioni sostenibili per combattere malattie che sono veri e propri flagelli per gli agricoltori.
Quando vince una borsa di studio per contribuire a un progetto sul controllo della peronospora nei vigneti di Franciacorta arriva il famigerato Coronavirus e tutto si ferma. La delusione e il rammarico per un’opportunità che sembrava proprio ritagliata sulle sue competenze e sulle sue aspirazioni non riescono a smorzare la sua voglia di fare e la sua passione. Dall’università le segnalano un’altra opportunità, la possibilità di collaborare con un’azienda che sta lavorando con l’ateneo alla valutazione di un modello previsionale messo a punto e già utilizzato in Francia, si basa sulla raccolta e sull’analisi integrata di dati meteorologici e di dati raccolti dai vigneti. Lei accetta con entusiasmo.
Anche questo progetto è a termine e Beatrice si rimette in pista, manda curriculum, risponde ai bandi, si confronta con i colleghi per intercettare nuove occasioni. Ha appena finito un percorso di formazione con l’agronomo Luca Masotto che si occupa prevalentemente di verde urbano, per il censimento degli alberi e programmazione degli interventi arboricolturali di Gorgonzola, un’esperienza che definisce entusiasmante, e ora scrive articoli per il sito di divulgazione scientifica “Microbiologia Italia”. Nel frattempo, con la sua amica Elena, ha aperto un profilo Instagram @twoleavesinapot in cui pubblica foto di piante ornamentali e dà informazioni e indicazioni pratiche. “L’abbiamo aperto quasi per gioco e lo facciamo nei ritagli di tempo ma giorno dopo giorno ci siamo accorte che il numero di persone che ci segue è aumentato e siamo diventate un piccolo punto di riferimento per chi ama le piante.”
“Il periodo è sicuramente difficile ma il mio desiderio è davvero tornare in campo e lavorare con e tra le piante, sono stata intere giornate nella palta a contare alberi ed ero felice.”
Se le si chiede come viene vista un’agronoma in un settore prevalentemente maschile Beatrice risponde così “Certamente ci sono ancora un po’ di pregiudizi perché è ancora una professione soprattutto esercitata da uomini ma quando inizi a parlare e a dimostrare concretamente quello che sai e puoi fare per fortuna contano i fatti. Io ho incontrato tanti uomini senza prevenzioni e pregiudizi.
“Il futuro dell’agricoltura è il futuro del nostro cibo, per questo le innovazioni che rendono questo settore più sostenibili sono decisive. Credo che per raggiungere obiettivi importanti il ruolo dei giovani è fondamentale, le loro nuove competenze, la loro dimestichezza con le tecnologie digitali e la loro apertura nei confronti delle esperienze internazionali possono sicuramente accelerare l’evoluzione ad un’agricoltura più efficiente e sostenibile. E le donne possono dare un contributo importante in termini di creatività, buon senso e lungimiranza. È una sfida entusiasmante.”
Avanti tutta, Beatrice!