Perché c’è così tanta differenza tra i prezzi di due scatole di fagioli?
Una confezione è più cara perché contiene fagioli che vengono dal Kenia, il loro costo comporta anche le miglia aeree percorse e i trasporti. Questo però vuol dire anche emissioni di CO2. Acquistarli tuttavia può essere un piccolo gesto per dare un contributo alle popolazioni di quel Paese…e poi le condizioni di lavoro in Kenia sono rispettate e i legumi catturano l’azoto dall’aria e serve un consumo ridotto di acqua per coltivarli.
Questi i pensieri che frullano nella testa di Willy Baltussen ogni volta che si trova davanti a uno scaffale di un supermercato. Ma in fondo le sue riflessioni sono quelle facciamo tutti noi ogni volta che dobbiamo scegliere un prodotto da una marea di proposte analoghe.
Baltussen è un ricercatore del Wageningen Economic Research che lavora in prima linea nel “True and Fair Price”, un progetto che ha un obiettivo ambizioso: mettere a punto un metodologia per indicare il vero e giusto prezzo dei prodotti alimentari. Un prezzo che però deve indicare anche i costi ancora nascosti legati alle questioni del cambiamento climatico: uso del suolo, inquinamento idrico e atmosferico e perdita di biodiversità. Ma che deve prendere in considerazione anche una serie di implicazioni sociali, dalle condizioni in cui operano i lavoratori alle eventuali discriminazioni, al benessere degli animali.
Gli artefici di questo progetto sono certi di una cosa: se si riuscisse a comunicare cosa c’è dietro al prezzo di un prodotto, facendo emergere anche i principali costi nascosti, il consumatore farebbe scelte consapevoli e sarebbe sempre più portato ad acquistare prodotti sostenibili. Non solo. Questo sarebbe un prerequisito fondamentale per dar vita a un circolo virtuoso che porterebbe le aziende a impegnarsi sempre di più nella scelta di strategie e soluzioni più sostenibili.
Il progetto “True and Fair Price” durerà 4 anni e oltre a Wageningen Economic Research coinvolge due consorzi, True Price, la cui missione è quella di dare ad ogni prodotto un giusto prezzo, e Bionext, l’organizzazione olandese per il biologico.
Per molti le emissioni di CO2 sono una parte importante del vero prezzo.
L’agricoltura e la produzione alimentare sono responsabili in media del 30 per cento delle emissioni globali di CO2. Qualcuno sostiene che l’introduzione di una tassa sulle emissioni di CO2 per i prodotti alimentari sarebbe un incentivo importante per risparmiare energia.
Secondo Bionext su questo fronte si stanno già muovendo in molti.
Sono sempre più numerosi gli agricoltori attenti alla gestione del suolo che stanno adottando pratiche per ridurre le emissioni di CO2 e l’utilizzo di sostanze chimiche. Questo comporta anche un migliore habitat e una dieta più sana per gli animali che vengono allevati nelle aziende. In sintesi, gli agricoltori effettuano interventi minimi sui campi, arano meno e restituiscono materia organica al suolo che in tal modo emette meno CO2. La produzione di latte biologico è inferiore in termini di volumi ma superiore in termini di qualità e consente migliori guadagni. Si risparmia anche in costi veterinari.
Secondo Bionext per rendere standard queste pratiche ci dovrebbero essere più incentivi che premiano gli sforzi e l’impegno degli agricoltori. E il giusto prezzo dovrebbe remunerare in modo adeguato gli agricoltori mentre oggi spesso questo succede solo in catene alimentari solidali ed eticamente responsabili, dove è lo stesso coltivatore o allevatore ad avere rapporti con il consumatore.
L’idea del ricercatore di Wageningen invece è un’altra: per una produzione alimentare sostenibile ci dovrebbe essere un protocollo che prevede una equa condivisione dei costi, dovrebbe essere un impegno realmente condiviso tra tutte le parti in gioco nella catena alimentare: agricoltori, supermercati, importatori e società commerciali.
Il confronto e il lavoro di ricerca è in corso – il progetto è partito a inizio 2019 – ma è evidente che stabilire il giusto prezzo di un prodotto alimentare non è un’impresa semplice.
Calcolare le implicazioni in tema di cambiamenti climatici, compreso il valore delle emissioni dovute al trasporto aereo, sembrerebbe la parte più facile da affrontare. Ci sono anche le tecnologie satellitari, i droni e tante altre soluzioni che possono aiutare a raccogliere i dati.
La sfida più ardua sembra essere invece la valutazione socio-economica, la misurazione dei costi sociali del lavoro minorile, dello sfruttamento o delle discriminazioni: risarcimento dei danni, salari bassi, mancata educazione o costi per recuperare i traumi subiti.
Il giusto prezzo comunque dovrebbe essere un valore stabilito con criteri indipendenti e scientifici e lo strumento di valutazione dovrebbe essere open source, liberamente disponibile a tutti.
Secondo l’associazione True Price i tempi sono maturi. Il giusto prezzo sta diventando un’esigenza sempre più sentita dal governo olandese, dall’industria e dai consumatori. Willy Baltussen, invece, è dell’idea che l’introduzione di questa metodologia porterà a una nuova sana competizione tra le aziende che questa volta faranno a gara per proporre prodotti equi e sostenibili. E, sempre secondo il ricercatore, il consumo consapevole cambierà le dinamiche del mercato coinvolgendo necessariamente tutti gli attori in gioco: agricoltori, supermercati, trasportatori…E il vero prezzo avrà “un margine di profitto” abbastanza “distribuito e sarà la vera ricompensa per chi lavora seriamente per la sostenibilità.
Al progetto olandese “True and Fair Price” collaborano anche EKO, organismo di certificazione, Dutch Potato Organization (NAO), Groenten-Fruithuis, un’organizzazione che si occupa di frutta e verdura, l’associazione Organic Pig Farmers, la federazione olandese Agriculture and Horticulture (LTO Nederland), Rabobank e la banca ABN Amro. Il progetto costerà oltre due milioni di euro e sarà finanziato in primo luogo dai due più importanti settori di mercato olandesi: Horticulture and Propagation Materials and Agri & Food.
Tutto molto stimolante, specie se lo vediamo dal punto di vista dei possibili modelli matematici ed analitici con i quali cercare di calcolare il giusto prezzo del prodotto, o almeno definire categorie di prezzi e di relativi prodotti. Molti strumenti ci sono già (es. LC A e le sue derivazioni), ma quello che mi “intrippa” di più è il passaggio in cui si dice “…Il giusto prezzo dovrebbe essere un valore stabilito con criteri indipendenti e scientifici e lo strumento di valutazione dovrebbe essere open source, liberamente disponibile a tutti..” questo è il vero cuore, la vera sfida che coinvolge tutto l’iniseme delle nuove tecnologie da IoT, a Blockchain, all’Intelligenza Artificiale. Non sai quanto vorrei vedere la nascita di questo nuovo strumento “open source” disponibile ai consumatori e in grado di offrire la possibilità di una scelta consapevole