Del progetto Diverfarming, finanziato dal programma Horizon 2020, e della sua importanza per identificare e promuovere nuove tecniche per un’agricoltura sostenibile si è già parlato. Ma questo progetto ha qualcosa di speciale: il 47 per cento della squadra coinvolta è femminile, sono infatti ben 69 le ricercatrici europee che vi partecipano.
Per il CREA partecipano Alessandra Trinchera, che coordina le attività del progetto per l’Italia e l’area del Mediterraneo, e Roberta Farina, che è la responsabile scientifica e ha anche il compito di sviluppare i modelli descrittivi degli agroecosistemi considerati.
La storia di Roberta e delle sue attività di Ricerca sul suolo è lunga da raccontare e parte da lontano.
Appena si laurea in Agraria a Sassari, Roberta vince un concorso indetto dalla Regione Sardegna ma contemporaneamente riesce a ottenere una borsa di studio. Decide di partire per l’Inghilterra. Lascia la famiglia e la sua terra, non conosce l’inglese e non conosce nessuno a Rothamsted dove trascorrerà un anno memorabile: è il Centro per la ricerca agricola più antico d’Europa.
“All’inizio è stato traumatico, devo ammetterlo, ma il suolo e le sue dinamiche mi hanno sempre affascinato e lì ho imparato davvero tanto, ho anche incontrato persone fantastiche con cui sono ancora in contatto.”
Continua a studiare, prende appunti, scrive pubblicazioni, poi vince il dottorato di ricerca e la sua vita si divide tra Sassari, Ancona e Roma fino a quando non inizia a lavorare per il Ministero contribuendo alla stesura dei piani di ricerca per l’agricoltura. “L’Italia non è un Paese di grandi dimensioni ma per conformazione e natura non è certo una realtà omogenea: climi e territori diversi, realtà agricole diverse…dal confronto con le regioni bisognava riuscire a individuare le ricette e le soluzioni che andassero incontro al più vasto numero di esigenze”.
Nel 2008, dopo numerosi anni di precariato, viene assunta al CREA dove inizia ad occuparsi, tra l’altro, di modelli previsionali come quello che sta curando per il progetto Diverfarming.
“Questo modello si basa su dati ed evidenze scientifiche e sarà in grado di individuare i vantaggi e le variabili dei percorsi di sostenibilità individuati – afferma Roberta– indicherà la migliore gestione agronomica in termini di conservazione della sostanza organica del suolo, dell’aumento della biodiversità e della resilienza dell’agroecosistema a lungo termine.
“Spesso percepisco qualche diffidenza nei confronti di chi fa attività di ricerca – aggiunge Roberta – la sfida è conquistarsi la fiducia degli agricoltori. Ma quando scatta questa molla le competenze e le prospettive diventano complementari, si integrano e portano a risultati importanti. Ricordo sempre un episodio: un agricoltore spagnolo una volta mi ha fatto vedere un video del suo terreno, voleva consigli per tutelarne il benessere. Un video può sicuramente aiutare, ma, come quando si va da un medico, non gli si presenta una foto ma gli esami, sono loro che consentono di capire lo stato di salute di una persona. E per il suolo è la stessa cosa, servono studi ed analisi per identificare i problemi e per pianificare la “cura” migliore, che porti vantaggi duraturi e stabili”.
Parlando del ruolo della Ricerca, Roberta si sofferma su un tema che le sta a cuore: “purtroppo gli investimenti del nostro Paese rimangono ridotti, dedichiamo solo l’1 per cento del PIL mentre in tanti altri Paesi europei la quota riservata è del 3 per cento. Anche per questo il mondo della Ricerca rimane un ambiente difficile da raggiungere e poco gratificante per i giovani. Se ci fossero più risorse anche i progetti e le iniziative di collaborazione si potrebbero moltiplicare e questo vale soprattutto per l’agricoltura che è un patrimonio prezioso del nostro Paese. Se ci fossero più risorse si potrebbero attivare più sinergie per avere una nuova, maggiore condivisione di esperienze e conoscenze e creare un circolo virtuoso di innovazione.”
Oggi Roberta sta anche lavorando al programma “4×1000 Soil Initiative” che si propone di aumentare la presenza di carbonio nel suolo per arginare i cambiamenti climatici e favorire la sostenibilità. Inoltre sta coordinando un gruppo di lavoro internazionale sul confronto dell’accuratezza di numerosi modelli che simulano il comportamento del carbonio nel suolo.
Gli studi di Roberta e del suo gruppo hanno riscosso grande interesse e la stessa FAO l’ha contattata per avere informazioni e approfondimenti.
Che dire? I nostri ricercatori sono davvero eccezionali, dovremmo ricordarcelo. Ma le nostre ricercatrici sono semplicemente speciali!