La protezione degli insetti impollinatori occupa un posto di rilievo nella politica internazionale di conservazione della natura proprio perché ha implicazioni cruciali per l’agricoltura e in molti Paesi sono state definite strategie nazionali per salvaguardare questi insetti.
Un team di ricercatori di UFZ (Helmotz Centre for Environmental Research), iDiv (German Centre for Integrative Biodiversity Research) e Technion – Israel Institute of Technology ha però analizzato gli otto documenti strategici nazionali disponibili e ne ha messo in luce le criticità. La valutazione conclusiva è riassunta nelle parole dell’autrice principale di questo studio Melissa Marselle, che sta conducendo ricerche presso l’UFZ e iDiv sull’impatto della biodiversità sulla salute umana: “Le politiche di conservazione per preservare gli impollinatori sono spesso troppo inefficaci e influenzano poco il comportamento delle persone”.
Gli scienziati hanno codificato circa 610 misure comportamentali nei documenti di strategia. Utilizzando la teoria della “Ruota del cambiamento”, che ha origine dalla psicologia della salute e integra 19 diversi modelli comportamentali, gli scienziati hanno classificato le misure comportamentali per la conservazione degli impollinatori in nove diversi tipi di interventi, come nel caso delle misure che potrebbero cambiare il comportamento delle persone.
Secondo questa analisi, la maggior parte delle circa 790 misure comportamentali per la conservazione degli impollinatori (23%) rientra in una serie di interventi relativi all’educazione e alla sensibilizzazione sul tema, poi c’è un’altra tipologia di interventi strutturali come piantare siepi, seminare strisce di fiori nei campi o creare spazi verdi nelle città (19 %). Solo circa il 4% delle misure per la conservazione degli impollinatori può essere compreso nell’ambito di un intervento di modellazione, come nel caso dell’adozione di migliori pratiche da parte di agricoltori che lavorano in modo esemplare. Altri interventi poco menzionati riguardano sistemi di incentivazione per agricoltori o comuni (3 %) e regolamenti statutari (2%). Gli interventi che prevedono un onere finanziario per scoraggiare un certo comportamento, come tasse aggiuntive sull’uso di pesticidi, non sono apparsi in nessuno dei documenti politici per la conservazione degli impollinatori.
“Ciò dimostra che le strategie nazionali per la biodiversità si concentrano principalmente su misure educative e strutturali e trascurano altri strumenti efficaci”, ha affermato Melissa Marselle. “Le misure educative per diffondere la conoscenza e creare comprensione sono importanti. Ma fare affidamento sull’educazione e sulla sensibilizzazione solamente non è molto efficace se si vuole davvero cambiare il comportamento ambientale. Servirebbe abbinare questo tipo di interventi a una gamma più ampia di altre misure”.
Il team segnala possibili percorsi praticabili. Ad esempio, indicare chiaramente sulle etichette dei prodotti le catene di approvvigionamento e i principi adottati dai produttori può incoraggiare molte persone ad acquistare un prodotto biologico o comunque rispettoso dell’ambiente e degli impollinatori anche a un prezzo più alto. Sarebbero efficaci anche significativi incentivi finanziari per gli agricoltori che operano in modo sostenibile e la certificazione di edifici sostenibili potrebbe essere collegata all’uso di piante amiche degli impollinatori.
Un ulteriore difetto dei documenti strategici, secondo il team, è il fatto che nel 41% delle misure comportamentali i gruppi target il cui comportamento deve cambiare non sono indicati né specificati. Gli obiettivi sono spesso descritti molto bene, ma per lo più ruotano sul tema centrale, come determinate azioni cambiano l’ambiente. Tuttavia, spesso per le azioni necessarie non sono specificati i responsabili coinvolti: il pubblico, gli agricoltori o le autorità locali. Mentre invece andrebbero indicate con maggiore precisione le responsabilità dei diversi attori e le specifiche azioni necessarie per raggiungere determinati obiettivi.
Morale, le strategie di conservazione della natura secondo i ricercatori andrebbero scritte meglio con indicazioni più puntuale e le prossime importanti occasioni per farlo sono due: la strategia dell’UE per la biodiversità 2030, che la Commissione europea ha adottato nel maggio 2020 deve essere tradotta nelle politiche nazionali, e la prossima conferenza della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) del prossimo anno in Cina, in cui saranno negoziati gli obiettivi globali di biodiversità per gli anni successivi. Solo una migliore formulazione degli impegni e degli obiettivi consentirà di ottenere un’attuazione efficace delle politiche internazionali di conservazione della natura, ha affermato Aletta Bonn, che dirige il Dipartimento dei servizi ecosistemici presso UFZ e iDiv con un focus di ricerca sull’interazione tra persone e natura.
Lo studio “Addressing behavior in pollinator conservation policies to combat the implementation gap” è stato condotto da Melissa R. Marselle, Anne Turbe, Assaf Shwartz, Aletta Bonn, Agathe Colléony e pubblicato su Conservation Biology (https://doi.org/10.1111/cobi.13581)