C’è chi è scettico o addirittura critico, chi sostiene che nel nostro Paese non servono e chi ritiene che siano una moda passeggera. Ma, dati alla mano, le vertical farm sono una grande soluzione concreta per produrre verdure e ortaggi ovunque. In modo sostenibile, con ridotti consumi di terra e di acqua, senza pesticidi.
Nel nostro Paese lo sa molto bene l’Enea, punto di riferimento per l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che ha effettuato numerosi studi sul tema e che propone il progetto Ri-Genera. L’obiettivo: riqualificare strutture industriali dismesse, edifici abbandonati, capannoni inutilizzati per trasformarle in vertical farm dove viene utilizzata la coltivazione idroponica. Un progetto che è stato studiato proprio per le esigenze del nostro Paese. È basato sul sistema Arkeofarm, sviluppato congiuntamente da ENEA e da Idromeccanica Lucchini, e prevede la collocazione di queste serre anche in strutture prive di finestre o in edifici storici con vincoli da rispettare.
I veri maestri di questo tipo di coltivazione sono indubbiamente nei Paesi Bassi dove il vertical farming è diventata un’arte, da loro hanno imparato tutti i grandi protagonisti internazionali di questo settore. Un’arte nata per necessità vista la scarsità di varietà di specie autoctone e il clima poco favorevole.
Questo primato è stato conquistato anche grazie al ruolo dell’Università di Wageningen, da sempre all’avanguardia a livello mondiale nell’area dell’agri-food. Qui si lavora da tempo alla messa a punto di tecnologie e metodologie sempre più efficaci, ma ora l’impegno è aumentato grazie a un nuovo finanziamento di 5 milioni di euro nato dal programma Perspectief round 2019 del Dutch Research Council (NWO), l’organizzazione olandese per la ricerca scientifica. Il progetto si chiama Sky High e vedrà la partecipazione di specialisti dell’illuminazione, coltivatori, esperti di tecnologie, architetti. (*)
L’obiettivo di Sky High è mettere a punto soluzioni per rendere il vertical farming più efficiente dal punto di vista energetico e per produrre verdure ancora più nutrienti e gustose.
Gli studi sono guidati da Leo Marcelis, professore di Orticoltura dell’Università di Wageningen. Le sue parole sono esplicite e inconfutabili.
“Il vertical farming si realizza negli edifici: le colture vengono coltivate una sopra l’altra in diversi strati. In un grattacielo – su una superficie delle dimensioni di un campo da calcio – puoi coltivare abbastanza verdure per 100.000 persone, questo vuol dire che ogni individuo può consumare giornalmente 250 grammi di prodotti freschi. Si ha il controllo completo sul processo di produzione, indipendentemente dal tempo, dalla temperatura, dalla luce del giorno e dalla stagione. Ciò rende possibile l’agricoltura verticale ovunque, anche in aree sterili, nel deserto o su Marte.”
“Possiamo riciclare tutta l’acqua e recuperare quella che evapora. Di conseguenza, abbiamo solo bisogno di 2-4 litri di acqua per far crescere un chilo di pomodori, mentre utilizziamo 17 litri di acqua in una serra olandese e in teoria almeno 60 litri per la coltivazione del suolo.
“Il vertical farming non risolverà la carenza di cibo. Non si presta alla produzione di riso e cereali, ma è molto valida per produrre verdure sane e fresche, ricche di fibre e vitamina C e coltivate senza contaminazione da pesticidi o microrganismi dannosi. Ciò rende l’agricoltura verticale una delle soluzioni per produrre cibo per tutti e per la sicurezza alimentare.
“Non solo. Se coordiniamo la quantità, il colore e la durata della luce delle lampade a LED, la quantità di acqua, la temperatura e la composizione dell’aria in modo molto preciso, possiamo dare alle colture un valore nutrizionale molto maggiore. Inoltre, possiamo migliorare il loro gusto e la shelf life. “
A proposito dei consumi energetici Marcelis afferma: “Anche se le lampade a LED sono economiche, un quarto dei costi è destinato al consumo di energia. Se si riusciranno a ottenere risparmi sui consumi energetici l’investimento diventerà più accessibile. Vogliamo riuscire far sì che la luce venga utilizzata in modo più efficiente dall’impianto. Se saremo in grado di ottimizzare la temperatura, l’umidità, la concentrazione di anidride carbonica, la disponibilità di acqua e fertilizzanti e se riusciremo a determinare l’intensità e il colore ottimali della luce per ogni momento della giornata potremmo produrre molto di più per unità di luce”.
Sky High è uno dei tre progetti guidati dall’Università di Wageningen finanziati dal Dutch Research Council (NWO). Gli altri due progetti riguardano il benessere animale – suini e galline – e la riduzione dell’impronta ambientale della produzione alimentare, e la salvaguardia dell’acqua dolce.
(*) Al progetto partecipano: Amsterdam Institute for Advanced Metropolitan Solutions (AMS), Bayer, Bosman Van Zaal, Certhon, Fresh Forward, Grodan, GrowX, HAS University of Applied Sciences, OneFarm, Own Greens, Priva, Signify (Philips Lighting), Solynta, TU Delft, Università tecnologica di Eindhoven, Unilever, Università di Leida, Università di Utrecht, Università di Amsterdam, lo studio Van Bergen Kolpa Architecten.
L’immagine è del professor Leo Marcelis dell’Università di Wageningen.