Cristiana e il riso, una lunga storia d’amore

A due anni giocava nei campi di riso dei suoi bisnonni, ha imparato a conoscere quelle piante molto bene, assorbendo tutte le storie e gli insegnamenti che loro le raccontavano. E, come spesso fanno solo i bambini, riusciva a rimaneva ogni volta stupita nel veder crescere quelle piantine che poi diventavano quel riso buono servito a tavola.

Sono passati gli anni e Cristiana Sartori è diventata agronoma. Alle conoscenze dei suoi bisnonni e dei suoi nonni ha aggiunto nuove cognizioni scientifiche e continua a studiare, ma ogni volta che vede quelle piantine crescere vive sempre la stessa emozione e quel senso di magia di quando era bimba.

Ha lavorato con grande passione e impegno per le terre della sua famiglia, la famosa Tenuta San Giovanni, aveva anche organizzato una parte di cascina come agriturismo. “L’idea era quella di far conoscere da vicino il territorio e la qualità dei suoi prodotti – afferma Cristiana – le persone che ospitavamo erano entusiaste: tornavano, consigliavano ad amici e conoscenti, compravano il nostro riso. Poi parlando con delle amiche, il progetto è cresciuto ed è nata una vera rete di imprenditrici agricole, innamorate di quelle terre del Pavese e pronte a promuoverle.” Il nome del gruppo: “TRA LE TERRE – Custodi di emozioni”.

Passione, continuo lavoro, tante nuove idee da mettere a fuoco. Nel frattempo Cristiana non si era accorta che le dinamiche all’interno della sua famiglia erano cambiate. Il mix di incomprensioni e di interessi stava diventando esplosivo e alla fine è successo l’irreparabile. Nel 2017 la sua grande storia d’amore con la Tenuta San Giovanni è finita. Una doccia fredda, il distacco doloroso da quei campi e da quella cascina, un bel po’ di lavoro e di progetti andati in fumo. Una vita da reinventare.

Con ferite e lividi, non ancora guariti, Cristiana è ripartita. Da se stessa. Oggi conduce una piccola azienda agricola, un appezzamento di 30 ettari di terra che le era stato dato appena laureata, dove coltiva riso biologico di alta qualità, un prodotto apprezzato dal mondo della ristorazione e ricercato dai grandi chef. La sua azienda, non a caso, si chiama Dicristiana. Oltre al Carnaroli classico sono famosi e fiore all’occhiello della sua produzione i suoi risi colorati come il riso rosso Ermes e il riso Venere nero, ma ha già in mente di dedicarsi ad altre varietà sempre a pericarpo colorato.

Far diventare un’azienda agricola, che produce riso, biologica è un percorso lungo e impegnativo – dice Cristiana – solo dopo 5 o 6 anni si vedono i risultati, anche il seme non deve essere trattato, va fatta un’attenta rotazione delle colture e la produttività è necessariamente ridotta. Tutti i trattamenti sono naturali e impegnativi e il successo degli interventi meccanici per lo più è legato al tempismo con cui vengono effettuati. Per questo il biologico deve essere davvero tutelato e va combattuto chi millanta di farlo e non lo fa, rovinando il mercato.

“Da tre anni con altre 10 imprese stiamo lavorando con il modello della ricerca partecipata in collaborazione con il CREA e le Università di Milano e di Torino nell’ambito del progetto ministeriale sulla risicoltura biologica “RisoBioSystem”. L’obiettivo quest’anno è creare una rete di imprese e definire dei protocolli certi, basati su evidenze scientifiche e metodologie comprovate, che contribuiscano concretamente a identificare il vero riso biologico”.

Cristiana potrebbe parlarvi per ore di riso, ha scritto anche un libro su questo tema “Donne, riso, impresa”. 

Nota di servizio. Se volete incontrarla è semplice: la trovate nei suoi campi. Se volete parlarle è un po’ un’impresa: in questi mesi dell’anno passa ore e ore sul trattore o alle prese con l’erpice strigliatore o altri attrezzi per debellare le infestanti dalla nascita. Ma non demordete: ne vale la pena.  

Alessandra Apicella

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