L’albero di cocco è un tipo di palma che cresce soprattutto in ambienti caldi e umidi e in terreni sabbiosi.
Il frutto dell’albero è una drupa ed è costituito da diversi strati: la buccia liscia e sottile (esocarpo); il guscio costituito dal mesocarpo, fibroso e leggero, che fa tutt’uno con l’endocarpo, legnoso e duro; la polpa e l’acqua.
La polpa è ricca di proprietà nutritive, può essere consumata fresca o venire essicata per essere trasformata in latte, olio, burro e farina di cocco, impiegati nella preparazione di alimenti o di prodotti cosmetici.
L’acqua di noce di cocco non è il latte, è il liquido contenuto nel frutto quando viene aperto, è una bevanda fresca e salutare.
Sia la buccia che il guscio possono essere usati come combustibile e sono una fonte di carbone naturale: il carbone di cocco brucia più a lungo del tradizionale carbone di legna, non genera fiamme né odori ed è ideale per diversi impieghi a partire dalle grigliate. È totalmente ecologico, i residui possono essere utilizzati come un fertilizzante naturale.
In sintesi, il cocco è una risorsa preziosa ed eclettica.
E proprio da questo presupposto è nata GoodHout, un’azienda con sede a Delft in Olanda, che produce un materiale biocomposito ingegnerizzato, nato grazie alla ricerca e a particolari lavorazioni della bucce e del guscio del cocco. Un’alternativa al legno, ecologico e in linea con i principi della sostenibilità e dell’economia circolare.
L’idea è stata proprio di una donna, Silvia ten Houten, che è diventata famosa in tutto il mondo per la sua tenacia nel portare avanti questo progetto e nel farlo decollare in modo professionale e strutturato.
Silvia nasce in Indonesia, poi con la famiglia si trasferisce in Nuova Zelanda e successivamente per ragione di studio va in Olanda. La curiosità per quel Paese in cui è nata però la accompagna per anni finchè non ci torna per un viaggio. Da quel momento inizia ad arrovellarsi tra desideri e ipotesi, voleva inventarsi un lavoro per mantenere un legame con l’Indonesia, voleva anche fare qualcosa per aiutare le popolazioni locali a trarre vantaggi dalle risorse disponibili. E lì le noci di cocco sono molto diffuse ed economiche.
Si consulta con un po’ di amici e familiari e alla fine digitando su Google scopre che proprio l’università olandese di Wageningen, con dipartimenti specializzati in Life Science, Agroecologia, Biotecnologie e altre tematiche di frontiera, sta realizzando una ricerca sul valore aggiunto degli scarti del cocco.
Silvia ha impiegato tre anni per creare una vera proposta di business e conquistare i necessari finanziamenti. Le aree da mettere a fuoco erano tante e complesse: bisognava capire la vera natura della noce di cocco, individuare le giuste tecnologie e i processi necessari alla sua lavorazione, identificare la catena ideale di approvvigionamento.
Oggi però il suo Coconut Husk Board è un materiale noto e apprezzato, che spesso supera in qualità gli standard industriali dei legni tradizionali e ingegnerizzati, e ha un valore unico: è il prodotto di una fonte rinnovabile veramente sostenibile, i sottoprodotti delle noci di cocco raccolte. Questo materiale è impiegato nella bioediliza, per la realizzazione di interni, porte, pavimenti, mobili per ufficio e per gli arredi delle camerette dei bambini.
Il progetto ha ancora traguardi importanti da raggiungere: è necessario migliorare gli aspetti relativi all’approvvigionamento e alla logistica delle materie prime, sviluppare ulteriormente il prodotto e farlo conoscere di più, creare impianti adeguati per la sua produzione. In sintesi, ci sono ancora tante cose da fare perché diventi un solido business.
Ma Silvia è già soddisfatta dei risultati raggiunti e le energia per affrontare le nuove sfide non le mancano, né la pazienza, lei stessa sostiene “You need to be patient in this game and we are almost where we want to be”. Forse è una frase che dovremmo scriverci da qualche parte …
l’Università di Wageningen è una fonte praticamente di qualsiasi cosa 🙂 altro che le Università italiane sempre nella morsa delle baronìe…