Siamo un po’ scettici noi italiani nei confronti degli insetti anche se tutto ci conferma che le loro proteine e grassi sono di qualità eccellente e potrebbero far evolvere tanti settori in una logica di maggiore sostenibilità.
Questa è l’opinione generale che si intercetta, ma a sentire Lara Maistrello la sensazione è errata. Lara è entomologa, professore associato nel Dipartimento di Scienze della Vita all’Università di Reggio Emilia.
“Ricevo almeno una ventina di telefonate alla settimana, mi chiedono precisazioni e consigli sul tema dell’allevamento degli insetti e sono soprattutto giovani che hanno davvero a cuore il tema della sostenibilità. Sono entusiasti e sono convinti che gli insetti siano una risorsa chiave per sviluppare nuovi prodotti, in armonia con gli equilibri della natura e in una logica di economia circolare.”
Lara parla con tutti (non abbiamo dubbi, lo fa con piacere, generosamente e con la passione che la contraddistingue) non smorza certo gli entusiasmi ma si trova necessariamente a ricordare gli aspetti critici o più precisamente gli ostacoli che al momento si trova ad affrontare chi vuole intraprendere questa strada.
“Ci sono due premesse importanti da fare. In Europa gli insetti, che potrebbero felicemente nutrirsi di ogni tipo di scarto e rifiuto organico, in realtà possono essere allevati solo con alcuni sottoprodotti dell’agricoltura (sottoprodotti delle filiere vegetali e di quella casearia). L’altro problema, invece, riguarda in particolare il nostro Paese. Le normative non hanno ancora preso in considerazione questa tipologia di allevamento quindi è molto difficile costruire un percorso di business. Manca la definizione dei requisiti e delle specifiche necessari per far decollare in sicurezza un progetto.
Partiamo dall’inizio. Quali sono i presupposti per allevare insetti e cosa serve per arrivare a ottenere quelle preziose proteine?
“Premetto che qui in Emilia Romagna, terra che ospita tantissime aziende agricole e industrie agroalimentari, c’è sempre stata una grande sensibilità sul tema dell’economia circolare anche perché i sottoprodotti sono tanti e siamo tutti consapevoli che sono risorse preziose. Per questo la Regione ha finanziato dei progetti di ricerca che riguardano proprio le mosche soldato e per cui abbiamo ottenuto autorizzazioni specifiche.
“Da poco più di un anno abbiamo concluso il progetto POR-FESR “Valoribio”, partito nel 2016, che si proponeva di valutare lo sviluppo di bioplastiche a partire dalle proteine di mosche soldato allevate su pollina, mentre sta per concludersi il progetto PSR “Bioecoflies” ed è appena iniziato il progetto POR-FESR “Flies4value”. L’obiettivo è valorizzare i sottoprodotti dell’agricoltura tramite gli insetti per ottenere proteine, grassi e chitina utili in diversi ambiti industriali e agronomici.
“Il primo progetto concluso – continua Lara – ci ha aiutato proprio a mettere a fuoco i prerequisiti necessari per creare e gestire un allevamento e per effettuare le lavorazioni opportune in una logica di vera economia circolare. Ne abbiamo anche analizzato il Life Cicle Assessment proprio per avere un quadro preciso di emissioni, impegni e costi.
“Partiamo dai requisiti allevamento. Gli insetti richiedono un ambiente con una temperatura media di 27 gradi e un tasso di umidità del 65 per cento. È una situazione che va creata ad hoc, non certo complessa da realizzare ma che prevede il consumo di energia. In una logica di economia circolare l’ideale sarebbe abbinare l’allevamento degli insetti con un impianto di biogas, per sfruttarne il calore.
“Substrato, che vuol dire cosa dare da mangiare agli insetti. Come ho già detto si tratta di alimentarli con sottoprodotti dell’agricoltura ma ovviamente gli insetti mangiano tutto l’anno e le produzioni agricole e gli scarti delle lavorazioni sono spesso stagionali. Anche in questo caso per evitare trasporti e costi l’ideale sarebbe che l’allevamento si trovasse vicino ad un’azienda agricola/industria alimentare in grado di produrre la fonte del loro sostentamento. Ovviamente tipologie di sottoprodotti diversi hanno effetti diversi sulla crescita delle larve.
“Le larve di mosca soldato intere – continua Lara – potrebbero essere impiegate per l’alimentazione dei pesci, dei polli o di animali da compagnia. Invece con le proteine di alto valore estratte dalle larve con apposite tecnologie di frazionamento si possono produrre mangimi per animali domestici e per i pesci (ma non per le galline o altri animali), integratori alimentari, bioplastiche e altri prodotti. E alla fine ci sono i residui organici che restano dopo l’allevamento delle larve, che possono essere impiegati come ottimi fertilizzanti naturali: basta farli maturare per un po’ di tempo prima di essere distribuiti nei campi.
“Lo sviluppo del nostro progetto Valoribio ci ha aiutato proprio a fare il punto concretamente sulle tante possibili implicazioni dell’allevamento delle mosche del soldato. Per quanto riguarda i risultati di Valoribio invece siamo riusciti a ottenere una bioplastica con ottime caratteristiche ma non sufficienti per l’obiettivo che ci eravamo posti.
“Volevamo realizzare dei teli per la pacciamatura dei campi che, conclusa la loro missione, fossero biodegradabili e che, grazie alle loro proprietà, contribuissero alla fertilizzazione dei terreni” ci spiega Lara. “I teli dovevano durare in media tre mesi, in realtà il materiale prodotto ha rivelato di non essere sufficientemente resistente per durare per quell’arco di tempo, ma saremmo in grado di effettuare le messe a punto necessarie, e praticabili, per rendere quella bioplastica un vero prodotto.”
E allora?
“Il tema della plastica e delle bioplastiche è complesso e non sono io sicuramente la persona più titolata a parlarne, preferisco però sottolineare un altro aspetto che diventa poi cruciale per tante altre attività: quello dei rifiuti e soprattutto dei rifiuti organici. Se la loro raccolta fosse organizzata in modo più preciso, puntuale e capillare nel nostro Paese queste risorse potrebbero essere la base di partenza per la nascita di tanti nuovi prodotti! Per tornare però alle mosche soldato il vero punto cruciale sta nella domanda che mi ha fatto un imprenditore: quante tonnellate di larve servirebbero per produrre bioplastiche, proteine ecc? Credo che questo sia un altro vero tema da prendere in considerazione per tutti quei giovani che vogliono affrontare questa nuova area di business.
“In ogni caso in Italia servirebbe avere al più presto normative chiare ed esaustive sull’allevamento industriale degli insetti e anche a livello europeo sarebbe auspicabile intraprendere un vero percorso per rendere davvero realizzabile l’economia circolare tramite gli insetti, ampliando la tipologia di substrati su cui allevarli e estendendo le possibili applicazioni d’impiego delle loro proteine. È l’economia circolare la vera chiave di volta della sostenibilità.”
La foto è di Laura Macavei UNIMORE.
anche questo sistema servirebbe appunto a “cambiare rotta”, e in fondo ad avvicinarci a quello che già in natura avviene: la degradazione di prodotti più complessi in prodotti più semplici e riutilizzabili da parte del “sistema natura” stesso. Non capisco perché i contenuti di questo articolo non si vogliono provare a discutere seriamente in Italia anche e proprio a livello di nuovo business derivato dall’economia circolare
Buona domanda. Le nuove prospettive spaventano o sono sgradite?