Food e tecnologia: un matrimonio che s’ha da fare

Ormai se ne parla ovunque e continuamente come se fosse la bacchetta magica che risolve tutti i problemi del Made in Italy e ne realizza il suo doveroso riscatto.

Sono scesi in campo tutti i grandi protagonisti dell’informatica con le loro proposte e molti grandi gruppi della GDO e del mondo del Food hanno annunciato di voler intraprendere questo percorso. Anche il governo italiano ha preso una posizione chiara. Stiamo parlando ovviamente di Blockchain, il nuovo paradigma tecnologico che piace a tutti, anche a chi non ha un buon rapporto con l’ICT. E la ragione è semplice: Blockchain piace perché rimette al centro un valore, per cui ciascuno di noi in molti casi si è sentito tradito e per cui desidera certezze: la fiducia.

Ma a questo nuovo paradigma qualcuno ha creduto prima degli altri, partendo da esperienze che sono state sempre legate al mondo del Food, Massimo Morbiato, che oggi con la sua Ez Lab è un punto di riferimento nel mercato agroalimentare italiano. La sua piattaforma AgriOpenData è stata proprio creata per la tracciabilità e la certificazione dei prodotti agricoli e ora sfrutta l’utilizzo della tecnologia Blockchain e degli Smart Contracts come sistema di sicurezza per la gestione di transazioni lungo la filiera agroalimentare fino ad arrivare al consumatore finale. “Non credo che oggi sia il caso di soffermarsi troppo sulla tecnologia Blockchain e sulla scelta delle diverse piattaforme, bisogna avere una strategia chiara e partire da un’analisi dei processi e da una loro revisione per disegnare un modello in grado di portare tutte le informazioni di valore al mercato.”

“Il made in Italy di qualità è il frutto del lavoro di tante piccole e medie imprese che spesso non riescono a valorizzare i loro prodotti e rimangono schiacciate da logiche di prezzo –continua Massimo – riuscire a rendere tangibile il valore dei loro prodotti con dei dati inconfutabili e comunicarlo in maniera adeguata è sicuramente l’unica strada che può percorrere un’azienda per affermare la propria identità e fare la differenza. Nel nostro Paese e all’estero. Per non parlare poi della piaga delle contraffazioni, un danno enorme in termini economici e di immagine.

Punto di forza di Ez Lab è proprio il team, che conosce molto bene le realtà dell’agroalimentare italiano, ne conosce i processi, i limiti e i desideri. Con Massimo, oltre ad esperti di informatica, lavorano tre agronomi con esperienze diversificate e preziose. “Il punto di partenza è proprio il disegno del modello che deve coinvolgere tutte le fasi e tutti gli attori in gioco e l’identificazione dei dati significativi per il mercato, anche la fase dello storytelling è sicuramente decisiva. Che sia il consumatore o qualsiasi altro acquirente, chiunque deve essere in grado di leggere quei dati e capirne il significato e il valore. È un flusso di informazioni che deve poter raccontare tutto del prodotto: la sua qualità – materie prime, lavorazione, stoccaggio, spedizione – ma anche il suo impatto in termini di sostenibilità, dai consumi di acqua e di energia necessari per la sua produzione al Carbon Footprint.”

La piattaforma AgriOpenData è stata creata proprio con questo obiettivo ed è aperta e integrabile con qualsiasi tipo di tecnologia Blockchain, “è chiaro – afferma Massimo – che la scelta tecnologica poi è importante perché un progetto di questo tipo richiede tempo ed è un investimento che deve durare nel tempo. Ed ogni progetto va disegnato quasi in modo sartoriale sulle esigenze specifiche di ogni cliente, anche se deve poter essere aperto e pronto al cambiamento, in funzione delle dinamiche dell’azienda e del mercato.”

Dopo la Brexit, l’occhio lungo della Francia era in cerca di società innovative e ieri Massimo era a Reims, nella terra dello Champagne, dove gli hanno chiesto di aprire una sede di Ez Lab. Si prepara ad aiutare tante altre piccole e medie imprese, analoghe per dimensione e cultura alle nostre, con l’obiettivo di renderle più competitive e speciali.

Che dire? Alla fine in ogni campo la qualità e le competenze fanno la differenza. Per fortuna.

Alessandra Apicella

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