I nostri post sui social con immagini e video ma anche le nostre visite alle pagine web possono dare indicazioni utili e aiutare gli scienziati a monitorare le condizioni dell’ambiente e a proteggerlo.
In un articolo pubblicato di recente sulla rivista Trends in Ecology & Evolution, un gruppo di ricercatori internazionali guidato da Ivan Jarić, del Centro di biologia dell’Accademia delle scienze ceca, ha valutato tutte le opportunità che potrebbe offrire il web, analizzandone le possibilità concrete, gli ostacoli e gli eventuali sviluppi futuri. La nuova metodologia è stata chiamata iEcology.
iEcology è un nuovo approccio di ricerca che cerca di identificare l’entità di modelli e processi ecologici utilizzando dati online generati per altri scopi.
Ad esempio, analizzare le dinamiche stagionali con cui le persone cercano informazioni su determinate specie in Wikipedia può evidenziare le vere dinamiche stagionali delle specie. Oppure le foto pubblicate sui social di uccelli oxpecker con vari erbivori possono raccontano molti dettagli delle loro interazioni. O ancora, un’analisi delle immagini video del Tour-De-Flanders girate negli ultimi 35 anni comunicano importanti elementi sull’evoluzione degli alberi e dei diversi tempi della loro fioritura.
Secondo Jarić, autore principale del nuovo studio, iEcology non prende il posto dell’ecologia tradizionale che prevede analisi sul campo ma può essere uno strumento complementare prezioso proprio per la grande quantità di dati che si accumulano nel web e che aspettano solo di essere utilizzati. “
Anche Uri Roll della Ben Gurion University, coautore dell’articolo è convinto che il web possa essere fonte di molte informazioni utili. “Intere specie di animali e piante si stanno riducendo e stanno scomparendo sotto i nostri occhi a ritmi senza precedenti. E in molti casi questo succede prima ancora che noi ce ne accorgiamo e possiamo registrare il fenomeno. Ora abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per ampliare le nostre conoscenze e per comprendere meglio come i nostri interventi influenzano l’ambiente. E in questo contesto, iEcology offre molte opportunità. Mi aspetto che il suo utilizzo si diffonderà man mano che le persone diventeranno più consapevoli del suo potenziale e che gli strumenti per analizzare tali dati diventeranno condivisi. “
Questo approccio infatti può dare indicazioni preziose sulle specie e sulle loro tendenze spazio-temporali. Flickr, articoli di notizie, Twitter, YouTube, Facebook e Google Trends possono dare informazioni utili sulla presenza e sulla distribuzione di molte specie, ma le immagini pubblicate sui social media possono anche segnalare la presenza di nuove specie o possono servire per studiare meglio il comportamento di animali e piante.
Fonti, strumenti e metodologie di iEcology possono anche essere utilizzati per esplorare le interazioni biotiche e abiotiche all’interno e tra le specie e i loro ambienti, ma sono utili anche per studiare le dinamiche dell’ecosistema e dell’habitat in risposta agli interventi umani.
Molte opportunità dunque ma, come sempre quando si parla del mondo del web, ci sono anche doverose precauzioni da adottare.
Secondo la filosofia di iEcology, in primo luogo, è importante essere consapevoli che il web ritrae sempre un sottoinsieme del mondo che è disomogeneo in termini di estensione e profondità. I dati non sono generati in modo sistematico, ne esiste una grande eterogenea varietà a seconda degli utenti, delle regioni, delle culture e delle tempistiche, con rischi in termini di interpretazione che la soggettività individuale e culturale può complicare o compromettere. Non solo, più voci degli stessi dati da parte di singoli o diversi potrebbero causare distorsioni legate alla non indipendenza. Pertanto, i dati utilizzati per la ricerca in iEcology non devono mai essere utilizzati così come sono ma vanno valutati alla luce soprattutto della distribuzione non casuale e del livello di non indipendenza.
La convalida con fonti comuni e affidabili è fondamentale per aumentare il livello di affidabilità dei dati e la loro interpretazione anche se gli studi di iEcology, dopo questi riscontri, hanno sempre rilevato una coerenza tra le diverse fonti.
La ricerca in iEcology trarrebbe grande beneficio dagli sforzi collaborativi e dalla condivisione di dati, risorse e strumenti. Questo potrebbe essere favorito dallo sviluppo di specifici standard di metadati per la condivisione dei dati, che potrebbero includere API e algoritmi di machine learning per estrarre o leggere i dati. Un approccio già impiegato da grandi banche dati ecologiche (ad esempio GBIF) che potrebbe rendere i dati ecologici condivisibile e interoperabili.
Ogni volta poi che si affronta il mondo del web sorge l’annoso problema: alcune fonti mancano di trasparenza sulle modalità in cui i dati sono stati prodotti e manipolati. Dunque per le ricerche condotte con l’approccio di iEcology è prevista una buona gestione dei protocolli per l’accesso, la gestione, il controllo delle versioni e l’analisi dei dati, l’armonizzazione dei metodi e standardizzazione dei metadati, la pubblicazione dei dati grezzi in repository accessibile insieme agli script associati. L’utilizzo di dati e software open source è fondamentale.
E poi c’è l’altro consueto problema: quello della privacy delle persone e dell’etica. Pertanto, la privacy delle persone e dei loro identificatori dovrebbe essere mantenuta sia nei repository di dati sia nei risultati di iEcology. Inoltre, fonti di dati che includono informazioni precise su posizioni e altri attributi chiave di specie rare o in via di estinzione potrebbero aumentare la loro esposizione a bracconieri e collezionisti. Questa minaccia potrebbe essere alleviata limitando l’accesso ai dati sulle specie ritenute a rischio o limitandone le informazioni ad accesso aperto.
iEcology potrebbe anche avvalersi dello sviluppo di nuove tecnologie come quelle che usano la realtà aumentata, che potrebbe anche fornire dati più dettagliati con la diagnostica in tempo reale, o di software in grado di analizzare in modo automatico contenuti visivi, testuali e audio da fonti digitali, o di nuove tecnologie in grado di rilevare e registrare suoni negli ambienti. Il tutto ovviamente all’insegna di nuovo di criteri etici e nel rispetto della privacy degli individui.
Ma per iEcology è prevista anche la Blockchain che aumenterebbe la sicurezza e la tracciabilità delle informazioni e anche l’Internet of Things che potrebbe essere essere impiegata per raccogliere una maggiore quantità di dati sugli ambienti.
Si aprirà questo nuovo capitolo dell’ecologia?
Spero proprio di sì, mi sembra uno strumento molto importante perché può riflettere parte della complessità del mondo che ci circonda