Il ruolo chiave dell’alimentazione, i giovani stanno diventando più consapevoli?

La pandemia ha portato i giovani ad essere più attenti all’alimentazione ma la dieta mediterranea, con i suoi benefici, è ancora ignorata dal 60% della popolazione e le conoscenze in termini di valori nutrizionali degli alimenti sono ancora molto ridotte. Non solo, lo spreco è ancora molto elevato. Questo, in sintesi, il commento di Laura Rossi, ricercatrice del CREA Alimenti e Nutrizione, che è intervenuta lo scorso 27 gennaio all’evento di presentazione dei risultati di “Food Mood, il monitoraggio sui nuovi atteggiamenti degli adolescenti nei confronti del cibo nell’era del Covid-19”, un’iniziativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione anche con l’ANBI e il Consorzio di Bonifica di Piacenza.

L’indagine si è basata sull’analisi dei dati emersi da un vasto sondaggio realizzato all’interno degli istituti scolastici nel periodo pandemico. Ne è emerso che il 54% di questi ragazzi e ragazze ha dichiarato di aver cambiato le proprie abitudini alimentari.  

Tra i cambiamenti prioritari, il recupero della “socialità” dei pasti in famiglia, dovuta al maggior tempo trascorso in casa (96% dei casi), la maggiore attenzione alla sicurezza dei prodotti e la diffusa propensione al “salutismo” alimentare (2 adolescenti su 3 hanno iniziato a scegliere cibi con meno grassi, meno zuccheri, meno sale e/o hanno ridotto la quantità complessiva di cibo consumato). Un fattore importante che ha modificato le loro scelte è stato la riscoperta della “dieta mediterranea” e dei prodotti tipici del territorio, cui il 70/80% degli adolescenti associa una straordinaria superiorità qualitativa.

Ma anche il Max Planck Institute for Human Development e l’Università di Aarhus hanno condotto uno studio su questo tema.

I ricercatori hanno confrontato le percezioni alimentari degli adolescenti di età compresa tra i 13 e i 16 anni con quelle degli esperti di cibo come dietisti e studenti di nutrizione. Un terzo gruppo era composto da giovani adulti con un’età media di 30 anni. A tutti i partecipanti sono state mostrate le immagini di 43 prodotti alimentari comuni ed è stato chiesto di valutare ciascun prodotto in base a 17 caratteristiche, incluso il contenuto di grassi, zuccheri e proteine, il livello di lavorazione, l’origine e il confezionamento. Inoltre, ai partecipanti è stato chiesto di indicare quanto ritenessero “sano” ogni prodotto.

Sulla base dei modelli di risposta dei partecipanti, i ricercatori hanno identificato le componenti che determinavano la diversa percezione degli alimenti. “In tutti i gruppi, un fattore chiave che guidava le percezioni era quanto fosse naturale un alimento. Gli alimenti che hanno meno imballaggi, contengono meno additivi e sono meno trasformati sono stati percepiti come simili e raggruppati insieme”, ha affermato Thorsten Pachur, ricercatore senior presso il Center for Adaptive Rationality presso il Max Planck Institute for Human Development. “La naturalezza è stata anche cruciale per valutare quanto fosse sano il cibo. Più alto è il punteggio sulla dimensione della naturalità, più salutare è stato valutato un alimento”.

Questa semplice regola per giudicare la salubrità degli alimenti è stata condivisa da tutti e tre i gruppi: adolescenti, giovani adulti e anche esperti di nutrizione sembravano seguirla. Mele, acqua, banane e latte erano percepiti come molto salutari, i pomodori secchi e le barrette di muesli erano abbastanza salutari e le barrette di cioccolato e i biscotti come meno salutari.

Ma c’erano anche alcune differenze interessanti tra i tre gruppi. Gli adolescenti hanno valutato alcuni alimenti come ad esempio il succo d’arancia e i bastoncini di pesce più sani rispetto ad altri in base alle loro percezioni: arance e pesce appaiono cibi sani. Ma il succo d’arancia ha un alto contenuto di zucchero e l’impanatura dei bastoncini di pesce è ricca di grassi e calorie, che annullano i benefici del pesce ricco di minerali e acidi grassi omega-3. Solo gli esperti sembravano esserne consapevoli. Inoltre, le classificazioni mentali dei cibi degli adolescenti sembravano implicare una distinzione “dolce contro salato”, cioè una semplice componente di gusto. Negli altri gruppi, le percezioni erano guidate dalla natura degli ingredienti, principalmente colesterolo, grassi e proteine. Gli adolescenti hanno anche utilizzato la componente del gusto per valutare la salubrità degli alimenti, valutando i cibi dolci come meno salutari di quelli salati.

È emersa un’altra variabile. Mentre le valutazioni degli esperti erano in gran parte coerenti, le opinioni degli adolescenti erano molto più variegate a dimostrazione che le loro conoscenze alimentari erano vaghe. Ad esempio, le valutazioni individuali di salmone e ketchup o, più in generale, di nutrienti come grassi “buoni”, fibre e colesterolo variavano notevolmente.

Sorge inevitabile una domanda: quanta strada c’è ancora da fare per una vera consapevolezza alimentare e chi se ne farà carico?   

Lo studio del Max Planck Institute.

Alessandra Apicella

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