Cosa vogliono i consumatori da un prodotto alimentare? Una ricerca effettuata da Eurobarometer, curata dall’EFSA, ha messo in luce i criteri che guidano gli acquisti degli europei ed è emerso che la sicurezza è sempre più importante ma anche la provenienza, oltre ovviamente al solito prezzo. E un recente sondaggio di Oxfam/Federconsumatori ha indicato che 8 italiani su 10 vogliono più trasparenza sugli scaffali dei supermercati.
Un fatto è certo: ciascuno di noi vorrebbe sapere molto di più di quello che riportano le etichette e vorrebbe avere più informazioni e rassicurazioni sulle origini, sulla qualità e sul viaggio che fa il prodotto prima di arrivare sulle nostre tavole. Ma anche su chi lo produce. Chi è davvero l’azienda, come e con chi lavora, quali sono i suoi valori e come li mette in pratica, se rispetta l’ambiente e il territorio, se opera correttamente dal punto di vista sociale ed economico. Tutto quello che con un’unica parola si definisce sostenibilità.
A questo proposito la Commissione Europea, nell’ambito della strategia per un uso più efficiente e sostenibile delle risorse, già nel 2012 aveva definito un programma che si proponeva di rendere omogeneo a livello europeo il calcolo dell’impronta ambientale di prodotto (Product Environmental Footprint, PEF) e dell’organizzazione responsabile (Organization Environmental Footprint, OEF).
A partire dal 2013 questa metodologia è stata testata. I progetti pilota, che hanno coinvolto le imprese e tutti gli stakeholder interessati, hanno poi portato alla definizione di criteri per l’analisi dell’impronta ambientale per circa 20 categorie di PEF.
In Italia il Ministero dell’Ambiente ha definito uno schema volontario chiamato Made Green in Italy che adotta proprio la metodologia PEF per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti (art. 21, comma 1 della legge 221/2015).
Made Green in Italy si propone soprattutto tre obiettivi prioritari:
• stimolare il miglioramento continuo delle prestazioni di sostenibilità dei prodotti e, in particolare, la riduzione degli impatti ambientali che questi generano durante il loro ciclo di vita;
• favorire scelte informate e consapevoli da parte dei cittadini, garantendo la trasparenza e la comparabilità delle prestazioni ambientali di tali prodotti;
• rafforzare l’immagine dei prodotti “Made in Italy” per sostenerne la competitività sui mercati nazionali e internazionali.
Le aziende che aderiscono a questa iniziativa del Ministero concludono il loro percorso con la certificazione dei dati da parte di un ente terzo per poi poter comunicare i risultati finali, garantendo la massima trasparenza di tutto il processo. Fatti e dati. Non greenwashing.
“Made Green in Italy” dal punto di vista della comunicazione al consumatore ha anche un logo riconoscibile e tramite barcode vengono fornite informazioni complete e trasparenti.
Ma il Ministero dal 2011 ha anche avviato il programma “VIVA – La Sostenibilitànella Vitivinicoltura in Italia”, che oggi coinvolge 70 imprese. Attraverso la misurazione ed il miglioramento delle prestazioni di sostenibilità di aziende e prodotti, VIVA è un modello produttivo che rispetta l’ambiente con l’obiettivo di tutelare la qualità e la produzione dei vini italiani. Il programma è stato creato per le aziende, ma è nato anche nell’interesse dei consumatori, perché mette a disposizione un sistema semplice e trasparente per verificare la sostenibilità del vino e l’impegno dei produttori sia in campo ambientale sia in termini socio-economici. VIVA, infatti, è anche un’etichetta, che rende accessibili i dati di sostenibilità, espressi in quattro indicatori: Aria, Acqua, Vigneto e Territorio, validati da un ente certificatore e garantiti dal Ministero dell’Ambiente.
Insomma lo scenario sta cambiando e tutti noi vogliamo saperne di più del cibo che troviamo sugli scaffali e di cui non conosciamo personalmente gli artefici. E sostenibilità e trasparenza stanno diventando parametri decisivi, sempre più sotto i riflettori del mercato.
Ma per tante imprese italiane che hanno sempre creduto in questi valori le nuove richieste dei consumatori si traducono solamente in opportunità.
Il Made in Italy di qualità continua ad essere ricercato e apprezzato e oggi ci sono i presupposti per promuoverlo e valorizzarlo ulteriormente. Per questo tante aziende hanno preso carta e penna e si sono messe a registrare meticolosamente fatti e numeri che attestano il loro impegno continuo sul fronte della qualità e del rispetto per l’ambiente … per loro passare al “Made Green in Italy” vorrà dire disporre di un nuovo, prestigioso, ufficiale biglietto da visita.
a differenza di “VIVA”, già ben collaudato, lo schema “Made Green in Italy” non è così facile da applicare, al momento quindi non so che presa possa ancora avere (anche se è in vigore solo da un anno circa)