L’urban farming è sicuramente un’ottima opportunità per i motivi ben noti: più verde, più aria pulita, nuova vita ad aree dismesse, più cibo fresco vicino ai consumatori, anche in zone prive di negozi e centri commerciali. Ma a New York, dove sono stati contati oltre 1900 orti comunitari e domestici, si sono posti alcune domande fondamentali: il suolo è adeguato? L’inquinamento che effetti hanno avuto sulla salute dei terreni?
E la città, anche sotto la spinta delle organizzazioni ambientaliste, si è impegnata a dare risposte e soluzioni ai cittadini e alle comunità e sono nate molte iniziative per sensibilizzare la popolazione e agevolare, quando necessario, l’adozione di tecniche di bonifica.
È stato ricordato ai newyorkesi che il suolo potrebbe non essere in condizioni ottimali e potrebbe anche contenere contaminanti pericolosi per la salute delle loro famiglie. È stato anche ribadito in più occasioni che per ogni buona iniziativa di urban farming è necessario prima testare il suolo, cambiarlo o bonificarlo se necessario, e scegliere le colture più opportune alle sue caratteristiche.
La città si è dunque mobilitata per offrire i servizi necessari. I laboratori di analisi del suolo, come quelli del Brooklyn College e del NYC Urban Soils Institute, offrono una varietà di test a prezzi accessibili per valutare le caratteristiche del suolo. È possibile richiedere test di ogni tipo: consistenza, contenuto organico, pH, nutrienti, anche se di solito il problema prioritario è la contaminazione da piombo o arsenico. Questi laboratori di solito restituiscono i risultati entro 2-3 settimane.
Un team di ricerca della Columbia University ha anche sviluppato un kit, che attualmente è in fase di test e non è ancora disponibile nel mercato, creato appositamente per individuare l’entità della presenza del piombo.
Per bonificare il suolo, generalmente, viene impiegato compost o viene utilizzata nuova terra di copertura e in città il compost può essere recuperato facilmente e gratuitamente presso il dipartimento di servizi igienico-sanitari e presso il New York Compost Project.
Per le comunità che hanno veri e propri orti, in caso di presenza di contaminanti, viene suggerito di coprire il terreno con uno strato di terreno pulito seguito da strati di compost, e l’ufficio di bonifica ambientale della città ha creato la Clean Soil Bank che preleva il sottosuolo nativo pulito dai cantieri e lo rende disponibile per le organizzazioni locali che lo richiedono. Il terreno è disponibile gratuitamente per le comunità che ne richiedono un volume di almeno 15.000 metri quadri. E c’è anche la possibilità di recarsi all’East New York Farms! un’organizzazione che promuove l’agricoltura sostenibile in cui si possono recuperare sacchi gratuiti di buon suolo mescolato con compost.
Sono stati anche diffusi i consigli basilari per ogni cittadino che intende creare il proprio piccolo orto, partendo dal principio che i contaminanti possono essere assorbiti dalle piante ma possono anche rimanervi attaccati. Ortaggi a radice come carote e ravanelli possono portare tracce di piombo e arsenico nonostante lavaggi ripetuti. La lattuga può intrappolare le particelle di terreno contaminate sulla sua superficie. Le verdure come melanzane, zucca e pomodori sono invece generalmente più sicure perché di fatto il frutto che verrà consumato rimane lontano dal suolo.
La morale che vige nella città di New York sembrerebbe semplice e di grande buon senso: ben venga l’urban farming, ma coltivare nel proprio orto non vuol dire necessariamente avere cibo più sano. Perché verdure e ortaggi siano davvero salutari e di qualità deve essere sano il terreno in cui le piante crescono!
…purtroppo questo vale non solo per i grandi agglomerati urbani (dove potrebbe sembrare abbastanza scontato avere simili problemi di inquinamento) ma anche per tante situazioni anche agricole italiane poste in prossimità o contiguità con zone artigianali e di piccola industria…specie là dove il profitto ha chiuso occhi e coscienze…ancora una volta vale il detto “…il più pulito c’ha la rogna…”
Articolo interessante e centrato rispetto alla situazione, ma che rinnova la necessità (oltre all’utilità) di applicare e migliorare situazioni di urban farming in coltura “protetta”
Verrebbe da dire che servono urgentemente sempre più agronomi preparati e smart!