È davvero una grande iniziativa “Paris Culteurs”, l’interpretazione, la progettazione e la messa in opera dell’urban farming della città di Parigi.
Nato nel gennaio del 2016 con un piano articolato e ambizioso, passo dopo passo, con regolarità e con un numero crescente di partner, il progetto ha preso forma e si è sviluppato secondo le aspettative e con grande soddisfazione di tutti, cittadini in primo luogo. Il traguardo è trasformare 100 ettari della superficie della città in verde entro il 2020. L’obiettivo: contribuire a ridurre le emissioni, rallentare il declino della biodiversità, riavvicinare i cittadini alla natura e all’agricoltura, creare nuovi posti di lavoro.
Tutte le tappe dell’iniziativa sono documentate minuziosamente nel sito: anno per anno sono stati indicati i piani e i risultati, è segnalata ogni nuova apertura, sono evidenziate le iniziative, i corsi, i nuovi percorsi creati appositamente per far riscoprire la natura ai cittadini. Paris Culteurs è davvero un grande mosaico fatto di tante storie, idee, colori ed esprime in modo multiforme tanta nuova energia e vitalità.
Secondo fonti ufficiali, quando i progetti delle prime tre stagioni saranno a pieno regime verranno prodotte 1.650 tonnellate di frutta, verdura, funghi ed erbe, sette tonnellate di pesce, 1,2 milioni di fiori recisi e 1,3 milioni di piante all’anno, ma anche miele, zafferano, fiori commestibili, luppolo e spirulina. E ci saranno 250 nuovi posti di lavoro.
Il panorama delle imprese e delle attività che hanno preso vita grazie a Paris Culteurs è quanto mai variegato. Tra le realtà più originali c’è una startup che ha trasformato un parcheggio abbandonato in una fattoria urbana sotterranea biologica, La Caverne. Qui sono coltivati al buio funghi champignon, ma anche indivia; vengono consegnati in bicicletta a negozi e ristoranti. Il successo del progetto porterà all’apertura nel prossimo marzo di un nuovo sito sotterraneo.
C’è anche il birrificio La Parisienne, che sta facendo crescere il proprio luppolo in tre siti della città e che coinvolge i residenti e i fan di questa birra locale in corsi di formazione e nella stessa raccolta del luppolo. E c’è anche BienElevees, una startup costituita da quattro donne che produce zafferano sui tetti. Il periodo della raccolta dei fiori e del recupero dei pistilli è una vera festa che riunisce tante altre donne del quartiere.
E per la primavera del 2020 è in piano l’apertura del pezzo forte del progetto, una fattoria urbana di 14.000 metri quadrati che dovrebbe sorgere sul tetto del centro di Parigi Expo, a Porte de Versailles, e dovrebbe produrre più di 30 varietà di frutta e verdura.
Nella diversità delle scelte e delle esperienze, tuttavia emerge una costante: l’urban farming non è solo più verde. È una nuova linfa per la vita delle comunità. Aiuta a rinsaldare i legami sociali, riavvicina i cittadini all’agricoltura e in generale fa riscoprire come nasce il cibo, fa apprezzare la produzione locale, che elimina i lunghi viaggi dei prodotti e contribuisce alla riduzione delle emissioni di carbonio. A voler essere ancora più sintetici, non ci sono dubbi: l’urban farming è solo una grande opportunità, per tutti e per tutto.
L’immagine è di BienElevees.