Gli effetti del riscaldamento globale si fanno sentire ovunque ma in alcune regioni della California le condizioni climatiche stanno diventando una vera minaccia per l’agricoltura. In particolare, molti famosi viticoltori si stanno interrogando se esistono ancora le condizioni per coltivare correttamente uve tipiche come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay. Siccità, infatti, sempre più spesso fa rima con raccolti ridotti e in molti casi è sinonimo di incendi devastanti, che possono distruggere i vigneti ma anche danneggiare i frutti attraverso l’esposizione prolungata al fumo.
Per questo sono molti i ricercatori della UC Davis che in collaborazione con i produttori stanno conducendo una serie di progetti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e ridurne i danni.
Nella Napa Valley nell’autunno del 2020 gli incendi e il fumo si sono diffusi e il produttore di un famoso Cabernet Sauvignon Stuart Spoto ha iniziato a preoccuparsi e ha coinvolto l’Università.
Mentre Spoto Family Wines era stato ancora in grado di rilasciare un’annata 2017, questa volta era diverso. Le prime analisi hanno mostrato che l’esposizione prolungata al fumo aveva molto probabilmente contaminato l’uva da cui proveniva il suo vino e Spoto ha dovuto rinunciare all’annata 2020. Per lo stesso motivo anche altri produttori locali hanno deciso di rinunciare alla vendemmia.
È stata coinvolta Anita Oberholster, specialista in enologia di Cooperative Extension presso UC Davis, che sta studiando da alcuni anni gli effetti della contaminazione da fumo ed ora è uno dei maggiori esperti mondiali in materia.
Secondo i suoi studi, l’uva esposta al fumo, soprattutto per lunghi periodi di tempo, può conferire sapori indesiderati al vino e una sola nuvola di fumo ha la capacità di rovinare intere annate di vino. Ma l’impatto della contaminazione da fumo non è una conseguenza matematica. Non è possibile prevedere quali uve potrebbero aver subito danni in base a qualcosa di intuitivo, come la vista, l’olfatto o persino il sapore dell’uva fresca. Le variabili sono tante: quando è comparso il fumo e per quanto tempo ha compromesso i vigneti, la varietà delle uve…Per comprendere il fenomeno, secondo la ricercatrice, servono ancora molti studi e purtroppo i tempi del mercato sono diversi.
Oberholster ricorda che nell’autunno del 2020, mentre l’uva poteva ancora essere raccolta, i laboratori stavano lavorando alacremente per testare la possibile contaminazione da fumo ma i candidati acquirenti del vino erano pronti ad annullare i contratti nel caso non fosse stata certificata la qualità dell’uva.
Le sue ricerche stanno continuando, ma Oberholster sostiene che non si possono valutare correttamente le implicazioni del fumo se non si comprendono pienamente la natura e le dinamiche dei composti in gioco.
Per aiutare i produttori la ricercatrice sta pensando alla progettazione di barriere antifumo, sta valutando anche l’ipotesi di sviluppare uno spray che i coltivatori potrebbero utilizzare per proteggere l’uva dai composti nocivi emessi dai boschi in fiamme e conta sullo sviluppo di sensori a basso costo in grado di segnalare ai coltivatori il rischio di contaminazione, limitando in tal modo anche il volume dei test di laboratorio che sarebbero dedicati alle uve che si trovavano in una zona ad alto rischio.
L’altro problema ovviamente è quello della siccità dilagante, soprattutto nelle le contee di coltivazione dell’uva da vino di Napa, Sonoma, Lake e Mendocino. Lo confermava il Winkler Index, sviluppato da altri due ricercatori della UC Davis. Questo sistema classifica il clima delle regioni vinicole e dà indicazioni sulle varietà di uva più adatte alle specifiche aree.
Kaan Kurtura, professore di viticoltura della UC Davis, sta lavorando per creare portainnesti e varietà più resistenti alla siccità e sta mettendo a punto alcune pratiche agricole per mitigare gli effetti del riscaldamento climatico. In alcuni appezzamenti si stanno valutando alcune varietà originarie dell’Italia meridionale e della Grecia che saranno testate per l’idoneità delle piante nel clima caldo della California.
Kurtural sta testando pellicole ombreggianti che possono essere utilizzate nei vigneti per filtrare determinati tipi di luce ultravioletta. Le uve possono ancora essere coltivate all’aperto, ma hanno la possibilità di rimanere in condizioni climatiche più fresche e allungare i tempi del loro sviluppo. “È stata una delle prime cose che i coltivatori della Napa Valley mi hanno chiesto di testare quando sono arrivato alla UC Davis nel 2015“, ha detto Kurtural. “Ora abbiamo ombre sui filari per proteggere i vigneti. Sembra che l’uva sia coltivata in una serra ma il sito è aperto. “
Kurtural sta anche facendo una sperimentazione sull’uva più caratteristica di Napa: il Cabernet Sauvignon, che richiede condizioni molto particolari per prosperare. Ha bisogno di calore per maturare, ma troppo calore può rendere i suoi sapori piatti e alcolici. E senza una acqua a sufficienza i raccolti sono ridotti.
Kurtural sta conducendo quella che è stata definita “la madre di tutte le prove di cabernet” : coinvolge 3.600 piante con 10 cloni di Cabernet Sauvignon incrociati con 10 diversi portainnesti. L’obiettivo è individuare i portainnesti più resistenti identificando i biomarcatori per la sovraesposizione e lo stress idrico.
Anche Bartlett, il biologo vegetale, sta lavorando per identificare i tratti che possono migliorare la tolleranza alla siccità nei portinnesti. Segue un progetto in cui si stanno esaminando le caratteristiche delle cellule che aiutano le radici a recuperare e trattenere l’acqua dal terreno asciutto. Una volta identificati i geni con quei tratti, si può effettuare lo screening su grandi popolazioni per renderne possibile la riproduzione.