“Tutta inizia con la scelta dei migliori genitori, sì papa e mamma, stiamo parlando dei migliori genotipi. L’idea è quella di scegliere i genitori che trasferiranno i caratteri specifici che stiamo cercando, come la produttività, il sapore o il colore. Quindi, dalla pianta che abbiamo scelto come padre si preleva il polline che viene inserito nel fiore demasculato della pianta che abbiamo scelto come madre. Durante il primo anno i pollini di diversi padri danno origine a nuovi semi, che danno vita a nuovi figli e nuove famiglie che nel corso dei due anni successivi vanno osservati secondo diversi parametri. È ovvio che tutto dipende dagli obiettivi e dalla dimensione del programma, ma questo porta alla valutazione di migliaia di piante – da 5.000 a 60.000 – dalla cui selezione si identificano i genotipi più interessanti, in media l’1-2%. Poi si entra nella fase della cosiddetta selezione di prove, quando si producono cloni dei materiali selezionati e le piante sono valutate in diversi contesti climatici/ambientale a livello locale, questo passaggio richiede altri anni di valutazioni. Nel quinto e sesto anno, si entra nella fase di selezioni avanzate, i cloni vengono piantati anche in diversi Paesi per valutarne il loro comportamento e le rese in diversi contesti ambientali. Se tutto va bene, se non ci sono ritardi o imprevesti, al settimo anno si può arrivare a dire di avere una nuova varietà verificata in tutte le sue variabili e implicazioni.”
A chi la sente parlare del breeding Daniela appare come una vestale, delicata e protettiva nei confronti di quelle piante che adora, i piccoli frutti, mirtilli, lamponi, more…
Daniela Segantini è brasiliana, ma i suoi bisnonni erano italiani, si è laureata all’università Statale di São Paulo (UNESP) in Agronomia, dopo ha fatto il master e dottorato di ricerca in Orticoltura. Quando la sua professoressa le aveva chiesto su cosa avrebbe voluto fare la tesi di laurea, non ha avuto un dubbio: voleva farla sui piccoli frutti, proprio quei piccoli frutti che in Brasile non sono così diffusi per ragioni climatiche. Le perplessità della docente non sono riuscite a farle cambiare idea. I piccoli frutti erano la sua passione, una passione che è cresciuta nel tempo e che è diventata il motore delle sue scelte di vita. Corsi di specializzazioni e master l’hanno portato un po’ ovunque, dall’università Politecnica di Madrid all’Università dell’Arkansas negli Stati Uniti.
Ma c’era un’altra cosa che Daniela aveva deciso di fare e che ha perseguito con la sua consueta fermezza e determinazione. Voleva andare in Italia, voleva conoscere la terra dei suoi bisnonni di cui le avevano parlato tanto. Un Paese che ai suoi occhi di agronoma sembrava davvero speciale, per la ricchezza di colture, varietà, conoscenze. Anche questa volta le perplessità di parenti e amici e in particolare dei suoi genitori non hanno avuto alcune effetto. Daniela parte accompagnata dalla mamma, visita il nostro Paese, ma le sue antenne sono sempre vigili, pronte a intercettare opportunità di studio o di lavoro. Legge di un concorso organizzato dall’Università di Bologna per una borsa di studio sull’agroecologia dei vigneti e risponde al bando anche se manca solo una settimana al suo volo di ritorno in Brasile. Due giorni prima della partenza fa il colloquio e la borsa di studio è sua.
Oggi Daniela vive a Imola, collabora con un’azienda che si occupa proprio di piccoli frutti. Continua a studiare. “In Italia ci sono tante opportunità per la crescita della coltivazione dei piccoli frutti. Ci sono piccole e medie aziende attive in questo campo che producono frutti eccellenti e che da alcuni anni hanno iniziato ad investire nel breeding e in progetti di Ricerca. Queste aziende potrebbero lavorare in modo più collaborativo e avrebbero anche la possibilità di partecipare a diversi bandi per lo Sviluppo Rurale a livello nazionale o Europeo, anche se molte volte li ritengono troppo complessi o impegnativi in termini di risorse da impiegare. Questo è un peccato, penso che se ci fossero più forme di collaborazione tra le imprese si potrebbero raggiungere più risultati e l’Italia potrebbe diventare davvero una grande protagonista dell’innovazione varietale.”
Passione, studio continuo, alla ricerca sempre del meglio e dell’innovazione. Quante Daniele servirebbero alla nostra agricoltura?
…il lavoro che avrei voluto fare, e per un breve periodo ho fatto (nel settore più prosaico del mais)