NO TIME TO WASTE, è proprio questo il titolo di un rapporto di 80 pagine, pubblicato dall’agenzia internazionale Tearfund in collaborazione con Flora & Fauna International e l’associazione WasteAid, che fa un’analisi della situazione attuale e dei possibili scenari futuri legati all’impiego della plastica. Il documento ospita anche molte pagine che sollecitano interventi urgenti da parte di tutti: governi, multinazionali, imprese e singoli individui.
Ecco alcuni dati.
L’inquinamento dovuto alla plastica sta distruggendo il nostro ambiente naturale e sta danneggiando soprattutto le persone più povere del pianeta.
Per ogni persona nata dagli anni ’50 è stata prodotta una tonnellata di plastica e meno di un decimo di questo volume è stato riciclato.
Circa la metà della quantità di rifiuti di plastica che produciamo è dovuto a confezioni o imballaggi monouso.
Se non si cambia radicalmente registro, la produzione di plastica globale raddoppierà nei prossimi dieci-quindici anni e l’aumento dell’inquinamento avrà effetti devastanti in tutti quei Paesi che non sono in grado di affrontare un corretto smaltimento.
Due miliardi di persone vivono in Paesi dove la raccolta dei rifiuti non è regolata, ovvero una persona su quattro a livello globale, mentre un altro miliardo di persone non usufruisce di servizi di smaltimento controllato, vale a dire i rifiuti vengono raccolti ma non smaltiti in modo sicuro. Nei Paesi più poveri, circa il 93% dei rifiuti viene bruciato o lasciato in terreni aperti o gettato in corsi d’acqua.
I rifiuti plastici rilasciano un deflusso liquido tossico chiamato percolato, che può contaminare il suolo e le falde acquifere e minaccia la vita della fauna selvatica. Gli impatti delle microplastiche sugli animali d’acqua dolce sono dannosi anche per le specie marine.
L’inquinamento relativo alla plastica contribuisce anche al cambiamento climatico. Mentre la produzione di plastica globale è responsabile dell’emissione di 400 milioni di tonnellate di gas serra ogni anno (oltre l’impronta di carbonio totale del Regno Unito), secondo la Banca Mondiale nel 2016 i rifiuti solidi hanno prodotto un ulteriore 5% di emissioni. La cifra reale potrebbe essere molto superiore visto che le emissioni derivanti dalla combustione dei rifiuti nei “cortili privati” non vengono abitualmente conteggiate.
L’inquinamento dovuto alla plastica sta creando una crescente emergenza sanitaria in molte parti del mondo. Una ricerca di Tearfund indica che tra 400.000 e un milione di persone muoiono ogni anno nei Paesi in via di sviluppo per malattie provocate da una cattiva gestione dei rifiuti. La plastica blocca i corsi d’acqua e gli scarichi, che creano inondazioni, e l’acqua trasmette malattie. Si crea un terreno fertile per mosche, zanzare e parassiti, che veicolano infezioni, e in questo ambiente malsano raddoppia l’incidenza della dissenteria, che è la seconda causa di morte nei bambini sotto i cinque anni. Se la plastica viene bruciata rilascia sostanze inquinanti che aumentano il rischio di disturbi cardiaci, problemi respiratori, malattie della pelle e degli occhi, disagi di varia natura.
L’inquinamento atmosferico è responsabile di 3,7 milioni di morti l’anno e stime recenti suggeriscono che la combustione aperta potrebbe essere responsabile anche di un quinto di questo bilancio di vittime.
L’inquinamento di acqua e suolo ha effetti sulla catena alimentare. Gran parte della plastica gettata nell’acqua o lasciata sulla terra si disintegra in piccoli pezzi: la microplastica sta entrando nella catena alimentare e gli impatti sulla salute umana non sono ancora conosciuti.
Quando la plastica viene inghiottita dagli animali non si decompone e può creare disturbi e anche decessi, recando danni agli allevatori. Ma la plastica crea problemi anche ai circa 820 milioni di persone che vivono di pesca, un fenomeno risaputo ma sul quale sono state condotte pochissime ricerche.
La plastica è ovunque. Si stima che siano state prodotte 8,3 miliardi di tonnellate di plastica dagli anni ’50. Circa l’80% è finito nelle discariche, negli oceani, nell’ambiente o è stato bruciato all’aperto. Meno di un decimo è stato riciclato.
La plastica viene impiegata dall’inizio del XX secolo ma circa la metà di tutta la plastica prodotta globalmente è relativa agli ultimi 15 anni. Il mondo ora produce oltre 400 milioni di tonnellate di plastica ogni anno e le proiezioni sono allarmanti: la produzione di plastica globale potrebbe raddoppiare nei prossimi dieci-quindici anni e questo fenomeno inevitabilmente continuerà a superare e sopraffare qualsiasi sistema di gestione dei rifiuti messo in atto.
Lo scenario poi è decisamente allarmante se si considerano i Paesi in cui non esistono pratiche definite per la gestione dei rifiuti. Due miliardi di persone nei Paesi a basso o medio reddito non hanno accesso a una raccolta di rifiuti solidi adeguatamente regolata e un ulteriore miliardo di persone non ha un sistema di smaltimento controllato dei rifiuti. Secondo la Banca Mondiale, nei Paesi a basso reddito circa il 93% dei rifiuti viene bruciato o gettato sulle strade, nei terreni aperti o nei corsi d’acqua. Nei Paesi con redditi più alti viene scaricato solo il 2% dei rifiuti.
Queste sono solo alcune delle evidenze riportate nel rapporto ma se vorrete leggerlo capirete bene che sul tema plastica, a prescindere dalle scelte ideologiche, non ci possono essere molti dubbi: non c’è tempo da perdere.