Riscaldamento globale: i vantaggi della rotazione delle colture

Anche se in certe regioni il numero dei raccolti continua ad aumentare, in molte altre zone si registra addirittura una riduzione delle aree coltivate. Tra le cause principali, il depauperamento del suolo, la presenza di parassiti e il riscaldamento globale. Dal 1980 al 2008, si parla di una perdita del 5,5% della produzione mondiale di grano dovuta proprio ai cambiamenti climatici.

Tra le possibili alternative per far fronte alle minacce del riscaldamento globale la diversificazione delle colture è stata indicata come una strategia efficace perché migliora la salute e la fertilità del suolo e riduce il rischio della comparsa di parassiti e malattie.

“In tutto il mondo la tendenza è quella di coltivare cereali con rotazioni limitate e in alcuni luoghi anche in monocoltura continua, ma non c’erano particolari evidenze su come queste pratiche influenzano le rese dei cereali con i cambiamenti climatici in corso”  ha affermato Lorenzo Marini dell’Università di Padova, DAFNAE (Department of Agronomy, Food, Natural resources, Animal and Environment) autore principale dello studio “Crop rotations sustains cereal yields under a changing climate”.

Per questo Marini e un team di ricercatori svedesi, polacchi e italiani hanno voluto verificare se la rotazione diversificata delle colture è una pratica realmente efficace per ridurre e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Il team ha raccolto i dati relativi a sette progetti sperimentali condotti nei rispettivi Paesi valutandoli in un lungo arco di tempo. Gli esperimenti erano partiti nel lontano 1958 e per ogni anno i cereali coltivati in monocoltura sono stati confrontati con quelli ottenuti con diverse rotazioni colturali. Abbinando queste serie temporali relative alle rese con i dati meteorologici di ciascuna località, il team ha potuto valutare i diversi risultati, in particolare negli anni secchi e caldi o umidi e freddi.

“La raccolta e l’analisi di decenni di dati relativi alle rese ottenute con pratiche simili ci consente di valutare gli effetti della variabilità nelle condizioni climatiche, qualcosa che è praticamente impossibile in esperimenti a breve termine”, ha affermato la professoressa associata Giulia Vico presso l’Università Svedese di Scienze Agrarie e coautrice dello studio.

La coltivazione di più specie di colture in rotazione di anno in anno ha sempre dato rese più elevate rispetto a una monocoltura continua. L’aumento della produttività media ottenuto con la rotazione è stato rispettivamente di 860 e 390 kg / ha per i cereali seminati in autunno e in primavera. Per i cereali primaverili il beneficio di una rotazione diversificata è aumentato senza stabilizzarsi nel tempo dall’inizio delle sperimentazioni, raggiungendo un guadagno di 500 kg / ha dopo 50-60 anni. I vantaggi erano evidentemente maggiori negli anni caldi e secchi, una condizione che si prevede diventi più frequente con il cambiamento climatico.

In stagioni di crescita estremamente secche (meno di 143 mm di pioggia totale) e calde (più di 17 ° C di temperatura media giornaliera), l’aumento medio della resa è stato di 800 kg / ha per i cereali seminati in primavera nei campi con rotazione delle colture. Per i cereali seminati in autunno, il guadagno medio di resa è stato di 1100 kg / ha durante le annate secche, mentre il calore ha ridotto il raccolto, in egual misura, sia in caso di monocolture sia in caso di rotazione delle colture.

“Gli esperimenti a lungo termine dimostrano quanto siano inefficaci le rotazioni limitate perché comportano comunque la necessità di impiegare fertilizzanti e pesticidi per mantenere i raccolti e si dimostrano a maggior ragione inadeguati per i cambiamenti climatici futuri“, ha affermato Zuzanna Sawinska dell’Università di Scienze della Vita di Poznań in Polonia.

“I nostri risultati attestano chiaramente che le rotazioni diversificate sono una pratica promettente per assicurarsi la produttività delle colture malgrado i cambiamenti climatici. Ora abbiamo bisogno di incentivi adeguati per dare agli agricoltori la possibilità di adottare queste pratiche e garantire in tal modo l’approvvigionamento alimentare futuro”, ha commentato il professor Riccardo Bommarco che ha contribuito allo studio e lavora presso  l’Università svedese.

Questo studio si è basato sull’analisi e sulla valutazione dei dati relativi alle monocolture e alle rotazioni colturali, ma non ha tenuto in considerazione la lunghezza e la diversità delle stesse rotazioni che potrebbero comportare nuove implicazioni e vantaggi. Un tema su cui l’Università svedese sta conducendo ulteriori studi.

L’immagine dei campi di Brody, in Polonia, è di Zuzanna Sawinska.

Alessandra Apicella

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