Secondo i dati ufficiali, nell’Unione Europea sono 110 milioni le tonnellate di rifiuti prodotti dal settore agroalimentare, una quantità enorme di risorse da valorizzare in una logica di vera economia circolare. Tra le tante iniziative avviate, c’è un progetto importante, in via di sviluppo, che sta utilizzando alcuni di questi sottoprodotti per realizzare bioplastiche. Il progetto si chiama Barbara ed è finanziato dal consorzio Bio-Based Industries e dall’Unione Europea.
L’obiettivo è produrre nuove bioplastiche da estratti di sottoprodotti di origine vegetali con un processo di stampa 3D chiamato Fused Filament Fabrication e il traguardo non sembra lontano.
Il materiale è infatti in fase di test presso il Centro Ricerche Fiat, dove si sta lavorando per sostituire la plastica in parti dell’abitacolo e del cruscotto di una vettura, e presso Acciona Infrastrutture, dove si stanno mettendo a punto nuove soluzioni per il settore edilizio.
Il nuovo materiale, contrariamente alla maggior parte delle bioplastiche oggi disponibili, ha proprietà meccaniche e termiche che consentono di realizzare prodotti robusti e ad alte prestazioni.
Elaborando chimicamente amido e composti biologici provenienti da sottoprodotti del mais e producendo bioadditivi a base di scorze di limone, gusci di mandorle, melograno e sostanze inorganiche si ottengono materiali ibridi nano-biocompositi. Questi nuovi biopolimeri non sono solo forti e molto resistenti dal punto di vista termico, ma possono anche essere prodotti in diversi colori e avere proprietà antibatteriche o anti-odore.
Secondo i ricercatori i prodotti realizzati con questi biopolimeri dovrebbero comportare una riduzione dei costi del 40% e una riduzione del 20% delle emissioni di CO2. Al progetto partecipano l’Università di Alicante, Royal Institute Technology, AIITP, l’Università degli Studi di Perugia, la Federazione delle Cooperative Agrarie di Murcia, il Centro Ricerche Fiat, Acciona, Tecno Packaging, Nurel, Celabro.
Barbara è uno dei tanti progetti finanziati dal partenariato pubblico-privato tra l’Unione Europea e il Bio-based Industries Consortium (BIC) e gli investimenti globali, partiti nel 2014, quest’anno raggiungeranno i 3,7 miliardi di euro.
In questo grande serbatoio europeo di innovazioni, c’è anche il progetto BIOrescue. Qui i partner stanno lavorando per utilizzare al meglio il compost necessario alla coltivazione dei funghi, che viene sottoutilizzato o gettato via dopo il raccolto. Questo compost è una biomassa preziosa che può essere trasformata in molti prodotti a base biologica. Il progetto ha dimostrato che partendo dal compost si possono produrre ottimi bio pesticidi e ora si stanno conducendo delle ricerche per sviluppare bio fertilizzanti.
E sempre in tema di valorizzazione dei rifiuti, ma questa volta solidi, c’è il progetto Embraced, guidato proprio da una società italiana FaterSMART, che ha sviluppato una tecnologia proprietaria per recuperare il flusso di rifiuti proveniente dai prodotti igienici assorbenti e trasformarlo in plastica, cellulosa…
Secondo FaterSMART, nella fase del pre trattamento vengono recuperati componenti come cellulosa, plastica e acque reflue, la cellulosa viene poi quindi convertita in poliesteri a base biologica che possono essere impiegati in applicazioni per film o in materiali utilizzabili in campo medico.
Embraced dovrebbe portare alla realizzazione di una bioraffineria integrata ad Amsterdam per produrre prodotti a base biologica e biodegradabili recuperando pannolini provenienti da ospedali, case di cura, famiglie, asili nido e scuole materne.
I blocchi, i materiali e i prodotti bio-based non sono ancora pronti per la commercializzazione, ma i risultati raggiunti sono molto promettenti e le potenzialità sono elevate.
Idee, competenze, tecnologie, lavoro di squadra anche in termini di investimenti…In fondo l’economia circolare è l’unica vera grandissima opportunità che ci troviamo di fronte. Per sfruttare al meglio, valorizzare, non sprecare e rimettere un po’ in ordine e in equilibrio le nostre città, i nostri Paesi, la nostra Terra. E forse le donne su questi temi hanno una maggiore sensibilità, perché non approfittarne?