Quella di Alessandra Trinchera da certi punti di vista assomiglia alla storia di tante altre donne, che nel silenzio, senza clamori ma con grande tenacia riescono a realizzare i loro sogni giovanili. È invece una storia davvero speciale la sua, caratterizzata da un percorso professionale tutto in salita e per molti anni senza certezze, anche se alla fine la passione e il destino l’hanno portata nel posto giusto.
Alessandra si laurea in Chimica alla Sapienza di Roma, consegue il dottorato di ricerca in Scienza del suolo e climatologia presso l’Università di Firenze, inizia a lavorare come ricercatrice all’Istituto per la nutrizione delle piante di Roma perché vince una borsa di studio dell’Accademia delle Scienze, poi entra all’Ispettorato Repressione Frodi del Mipaaft e lì lavora per quasi due anni. Nel suo curriculum ha 10 anni di precariato, “non c’erano concorsi per ricercatori in quegli anni, ma non mi sono mai persa d’animo, ho continuato a studiare e ho scritto molte pubblicazioni proprio perché gli argomenti che avevo scelto di studiare mi hanno sempre appassionato. Il suolo è alla base del nostro cibo, spesso lo sfruttiamo, ne abusiamo senza capire che è una risorsa, con i suoi limiti e le sue fragilità. Abbiamo il dovere di proteggerlo perché continui ad essere una risorsa, anche solo per motivazioni egoistiche: è da lì che ogni cosa ha inizio, a partire dalle piante che forniscono cibo all’uomo fino all’agroecosistema di riferimento.”
Nel 2006 finalmente arriva il bando di concorso, il nuovo CREA cerca ricercatori, e Alessandra inizia la sua attività nel prestigioso Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente, continuando ad occuparsi del suolo e della qualità agro-ambientale, un tema sempre più cruciale visti i cambiamenti climatici in atto.
Oggi Alessandra segue soprattutto tre progetti, di cui due sono condotti a livello europeo e fanno parte del programma Horizon 2020. È coordinatrice per l’Italia e l’area del Nord-Mediterraneo del progetto Diverfarming, che si occupa di analizzare e testare diverse opzioni per migliorare la sostenibilità e la biodiversità del suolo: dalla rotazione delle colture (leguminosa – frumento duro – pomodoro) alla fertilizzazione mediante digestato anaerobico, un fertilizzante naturale derivante dalla produzione di biogas, alla riduzione dell’irrigazione.
È il referente scientifico nazionale del progetto CORE Organic “SUREVEG”, che sta valutando i mezzi tecnici ideali per le coltivazioni biologiche e l’adozione dello strip cropping, sempre a beneficio della salute dei terreni. “Lo strip cropping è in fondo quello che facevano i nostri nonni: coltivare i terreni a strisce, utilizzando colture diverse che vengono piantate in file alternatee. Questa modalità di coltivazione arricchisce il suolo e aumenta le interazioni positive tra le piante, ed anche se i tempi di semina e raccolta possono essere diversi, i benefici sono tangibili. Stiamo valutando e testando le possibili combinazioni: in base ai dati raccolti, anche in questo caso, come alla fine del progetto Diverfarming, riusciremo a dare indicazioni certe e scientificamente provate agli agricoltori. Indicazioni preziose per la sostenibilità e la produttività dei loro campi e quindi per l’efficienza delle loro aziende, anche in termini di vantaggi economici.”
L’altro filone di ricerca in cui è coinvolta Alessandra è relativo specificamente al mercato italiano e riguarda nuovamente il biologico, un mondo che la ricercatrice conosce molto bene da anni. “Ci erano stati segnalati dei casi di prodotti biologici contenenti piccole tracce residuali di pesticidi e allora siamo partiti con una serie di controlli e verifiche. L’Italia è un esempio di eccellenza nel biologico, non ha pari nel panorama internazionale, i controlli sono rigorosi e regolari nel tempo e questa segnalazione ovviamente ha scatenato una serie di indagini incrociate. Attraverso il progetto BIOFOSF, finanziato dal Mipaaft, siamo arrivati alla conclusione che il fenomeno non era dovuto a scorrettezze da parte degli agricoltori, ma dipendeva da alcuni fertilizzanti e prodotti per la difesa regolarmente registrati ed ammessi in biologico, che però contenevano tracce di pesticidi. Ovviamente questo risultato rimane solo un punto di partenza, ora abbiamo avviato nuove indagini ed analisi per capire quali sono i prodotti incriminati e quali sono le cause, probabilmente anche accidentali, di queste contaminazioni.”
Se si cita ad Alessandra la ben nota frase “il bio non potrà mai avere le rese necessarie per nutrire tutti” la sua risposta arriva immediata: “il valore del biologico va oltre il residuo zero, sta nelle pratiche di coltivazione adottate che rispettano il suolo, lo rigenerano, lo salvaguardano. E il suolo è unico, se non interveniamo in tempo, come succede con tutte le risorse, finiremo per esaurirlo e correremo il rischio di non riuscire a nutrire più nessuno.”
E se chiedete ad Alessandra come è possibile sensibilizzare di più gli agricoltori, anche i più piccoli, la risposta è altrettanto immediata. “Gli agricoltori italiani sono sempre più consapevoli e si stanno muovendo in modo sempre più responsabile: stanno soffrendo in prima persona per i cambiamenti climatici che stanno minacciando l’agricoltura e che stanno mettendo a dura prova le pratiche consolidate. Per questo noi del CREA siamo impegnati a diffondere studi e conoscenze scientifiche. L’obiettivo è per dar loro nuovi strumenti e indicazioni per tutelare la salute delle loro terre.
“Certamente in questo contesto l’agricoltura di precisione può dare una grande mano per gestire in modo oculato le risorse, anche se da parte di qualcuno c’è ancora diffidenza o qualche resistenza. Tante nuove tecnologie permettono di monitorare la salute dei terreni e delle piante in tempo reale e di intervenire tempestivamente in caso di necessità, consentendo anche di utilizzare l’acqua in modo mirato, con vantaggi per le colture e per il nostro pianeta in generale. Sono investimenti, lo sappiamo tutti, ma anche l’agricoltore deve avere una strategia lungimirante perchè la sua azienda possa avere un successo a lungo termine. L’ideale sarebbe che molte di queste soluzioni fossero più accessibili dal punto di vista economico e più facili da usare, che diventassero delle semplici app fruibili da molti senza competenze troppo specialistiche. Ma credo che ci arriveremo presto.”
Le chiediamo di dare un consiglio personale agli agricoltori.
“Noi in Italia possiamo davvero essere orgogliosi della grande qualità dei nostri prodotti, coltivati in tutte le modalità del caso – convenzionale, integrata e biologica – ma consiglierei a tutti di guardare con più interesse a tutto quello che bolle nella grande pentola delle innovazioni. Suggerirei ad ogni imprenditore agricolo di creare una figura di riferimento specifica, dedicata a comprendere ed esplorare tutte le nuove tecniche che si stanno sperimentando. Potrebbe essere un giovane, curioso e appassionato. Anzi, magari proprio una donna. Chi più di una donna ha intuito e capacità di pensare al domani, con un forte senso pratico?”.
In fondo, la storia di Alessandra è una gran bella conferma.
L’eccellenza silenziosa!!! L’agricoltura ha bisogno di grandi donne capaci di creare nuove vie e comunicarle con semplicità. Al netto di tutto le polemiche sul bio le parole di Alessandra sono equilibrate ed estremamente intelligenti!!
Grazie Alessandra per dare un pò di speranza a chi cerca ogni giorno combatte sul campo!