Ne parlano in molti ma sono in pochi quelli che stanno provando ad affrontare questa sfida con un approccio veramente globale. Una sfida che potrebbe diventare un’emergenza: trasformare i nostri sistemi alimentari per riuscire a produrre cibo per tutta la popolazione nei prossimi tre decenni. I calcoli prevedono che servirà dal 30 al 70 per cento di cibo in più.
Un nuovo studio ci ha provato e i risultati sono stati sintetizzati in un articolo pubblicato da Nature con il titolo Innovation can accelerate the transitione towards a sustainable food system. Nata da una conversazione con la Bill and Melinda Gates Foundation, questa analisi è stata condotta dal Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) e dal CGIAR Research Program on Climate Change, Agriculture and Food Security (CCAFS).
Secondo questo studio non sarà possibile produrre cibo per tutti in modo sostenibile aumentando la produzione con metodologie e tecniche tradizionali ma dovranno essere adottare soluzioni e tecnologie innovative in grado di fare la differenza sia per la vita delle persone sia per l’ambiente.
Esaminando 75 tecnologie emergenti, gli autori dello studio hanno identificato una gamma di possibilità molto promettenti, molte delle quali sono già disponibili o sono quasi pronte a diventarlo. Queste soluzioni non solo contribuiscono a raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile – clima, riduzione dell’impatto ambientale, diminuzione della povertà, cibo sano – ma hanno anche il vantaggio di poter essere adottate in diversi contesti istituzionali e politici. La pipeline identificata abbraccia l’intera catena del valore alimentare, dalla produzione e trasformazione al consumo, dalla lotta agli sprechi alla gestione dei rifiuti.
Tra le soluzioni già note e disponibili figurano le proteine alternative, la stampa a 3D, i droni e il vertical farming. Ma ci sono anche alternative ancora in via di sviluppo come cereali che fissano l’azoto e non hanno bisogno di fertilizzanti, polimeri biodegradabili che conservano l’umidità del suolo, alimenti per il bestiame realizzati con sottoprodotti agricoli o liquami.
Secondo lo studio, queste innovazioni porterebbero molti vantaggi concreti ma la loro diffusione potrebbe comportare anche molte variabili e compromessi. Fa riferimento ad esempio alla modifica genetica delle colture, i cosiddetti OGM già oggetto di accesi dibattiti, ma anche al rischio che un accesso non omogeneo alle tecnologie potrebbe aumentare le disparità.
Gli autori sostengono che la trasparenza sarà il fattore chiave per evitare impatti sociali e ambientali negativi e che saranno necessarie politiche e regolamenti adeguati a garantire una distribuzione equa dei benefici.
“Le nuove tecnologie, in particolare quelle più controverse, richiedono investimenti e sostegno politico per decollare. E per una vera adozione è necessario il supporto pubblico. Il dialogo è il primo passo per ripristinare la fiducia tra scienza e società e questo documento nasce proprio con l’intento di aprire un dialogo costruttivo”, ha spiegato Philip Thornton, leader del programma faro del CCAFS e autore dello studio.
“L’innovazione di successo prevede anche un alto tasso di fallimento e con una sfida così grande e complessa dovremo mobilitarci su più fronti. E, sebbene molte di queste tecnologie potrebbero non dare gli esiti auspicati, gli investimenti nel loro sviluppo e nei test sono cruciali per il futuro dei nostri sistemi alimentari “, ha affermato Mario Herrero, autore principale e Chief Research Scientist presso CSIRO.
La nascita di AgriFoodTrust
Nel frattempo, lo scorso febbraio, al vertice annuale Strike Two, che ha riunito i principali attori del sistema agroalimentare, si è parlato molto della tecnologia Blockchain per contribuire ad avere alimenti sicuri, di qualità e sostenibili ed è stata presentata AgriFoodTrust, una piattaforma di cui è cofondatore Gideon Kruseman, economista dell’International Maize and Wheat Improvement Center (CIMMYT) alla guida anche della Socio-Economic Data Community of Practice of the CGIAR Platform for Big Data in Agriculture.
“Molti dei problemi e delle sfide apparentemente insuperabili della catena del valore del sistema agroalimentare, specialmente nei Paesi a basso e medio reddito, nascono dalla mancanza di fiducia, di trasparenza e di strutture di governance affidabili …Questa nuova generazione di tecnologie decentralizzate sta essenzialmente migliorando le strutture di governance. Le persone spesso pensano che si tratti di tecnologia, ma non lo è. Riguarda le persone e il modo in cui organizziamo le cose.”
Lo sviluppo di questa piattaforma intende proprio dare risposte concrete alle nuove sfide del sistemi alimentare, come ad esempio prevenire la vendita di semi contraffatti ai piccoli agricoltori, garantendo il valore nutrizionale delle varietà di colture biofortificate e promuovendo l’adozione di principi agricoli sostenibili, e migliorare contemporaneamente la messa in atto e il monitoraggio degli accordi internazionali relativi all’agricoltura.
Lo sviluppo della piattaforma AgriFoodTrust coinvolge i ricercatori dei centri CGIAR e del mondo accademico, come l’università di Wageningen. Insieme a Kruseman, i co-fondatori di AgriFoodTrust sono Marieke Ruyter de Wildt, fondatrice e CEO di The New Fork, e Chris Addison, coordinatore senior di Data for Agriculture presso CTA
la Blockchain non è e non deve diventare semplice strumento di marketing nelle economie “agiate”, ma deve essere impiegata sempre di più come elemento di collegamento tra economie svantaggiate e paesi ricchi, così come nuovo elemento di equità nella gestione agroalimentare nei paesi più poveri