Il latte rimane un’alimento unico per le sue proprietà nutrizionali, ma è altrettanto prezioso il suo siero che viene considerato un prodotto di scarto della lavorazione necessaria alla produzione di formaggi.
In molti poi non sanno che l’amata ricotta, leggera, saporita, ingrediente magico per la preparazione di tanti piatti, in realtà non è un vero e proprio formaggio: la base di partenza non è il latte ma proprio il siero. Il siero si ottiene dal latte quando per effetto del caglio avviene la divisione tra una parte solida e una liquida. La parte solida è la “cagliata”, serve alla produzione del formaggio, è costituita soprattutto da caseina e grassi. La parte liquida è il siero, ricco di proteine, sali minerali e a bassissimo contenuto di grassi.
Il siero proprio per la qualità delle sue proteine, che contengono amminoacidi essenziali, spesso viene utilizzato per la preparazione di prodotti medici o farmaceutici o per la preparazione di integratori, ma la presenza di fermenti probiotici lo rende utilizzabile anche nelle lievitazioni basate sulla pasta madre oppure nella produzione di verdure lattofermentate (come i crauti) o ancora per preparare bibite salutari. E alcuni centri lo propongono anche per trattamenti di bellezza.
Ma il siero può essere impiegato anche per fertilizzare le colture agricole, per trattamenti delle acque reflue e per la realizzazione di integratori alimentari per gli animali da fattoria. In Italia è molto utilizzato nell’alimentazione dei suini allevati per la preparazione di prosciutti DOP o per i vitelli nelle fasi di crescita. Ma può essere impiegato anche negli impianti di biogas.
Sebbene il siero sia un naturale sottoprodotto della produzione alimentare, in grandi quantità può rappresentare un rischio per l’ambiente se non viene adeguatamente gestito. Per questo il Department of Environmental Conservation dello Stato di New York, proprio lo scorso 25 gennaio, ha indicato regolamenti e condizioni per gli agricoltori che vogliono utilizzarlo in maniera ottimale.
Ma per affrontare in maniera strutturata lo spreco del siero del latte il DEC sta collaborando con la New York’s Land Grant University (Cornell University), il Dipartimento dell’agricoltura e dei mercati dello Stato di New York e con la New York State Energy Research and Development Authority.
Ed è proprio dal programma PRO-DAIRY della Cornell University, finanziato dal DEC per la ricerca di problematiche lattiero-casearie e ambientali, che è nato un progetto particolarmente interessante.
Al dipartimento di Scienza del Cibo della Cornell University stanno infatti lavorando per ottenere una bevanda alcolica grazie alla fermentazione del siero di latte, che consentirebbe un sostanziale recupero del siero e produrrebbe una bevanda buona e salutare, a bassa gradazione alcolica.
L’impresa non è stata semplice. Il lattosio presente nel siero infatti non può essere convertito in alcool attraverso i mezzi tradizionali di fermentazione e la scelta è stata quella di utilizzare diversi tipi di batteri e varie specie di lieviti per creare processi multipli di fermentazione.
Un’altra alternativa testata dai ricercatori prevede anche l’utilizzo di orzo per fornire gli enzimi necessari a scomporre gli amidi in zuccheri e causare così la fermentazione e la trasformazione in birra. Con questi due metodi i ricercatori hanno già ottenuto una birra di latte a bassa gradazione, dal sapore decisamente originale. Le attività di ricerca sono ancora in corso ma quando arriveranno i risultati saranno sicuramente apprezzati dal pubblico più curioso e interessato al benessere.
E i nostri allevatori che uso ne fanno? Sono in molti a non buttare il siero e a proporlo ad altre industrie per vari utilizzi, altri lo impiegano per aggiungere preziose sostanze all’alimentazione tradizionale dei loro animali o lo usano come fertilizzante, ma bastano queste azioni per evitare lo spreco?