Sono tante le esperienze virtuose che rimangono circoscritte a un pubblico di addetti ai lavori ma quella raccontata oggi in un webinar organizzato da Vivai Cooperativa Rauscedo e da Tecniche Nuove merita ampia visibilità. I motivi sono diversi. È un esempio concreto di innovazione e sostenibilità, è l’esito di una collaborazione multidisciplinare con molti attori diversi, è la dimostrazione di un modello operativo efficace e produttivo.
Il punto di partenza è il fantomatico cambiamento climatico che in tante aree del nostro Paese sta danneggiano i vigneti. Aumento delle temperature, siccità, penuria d’acqua ma anche improvvisi violenti temporali minacciano sempre di più la salute delle piante e i raccolti, danneggiando le aziende agricole che puntano su un’unica data all’anno per la loro vendemmia.
Il professor Attilio Scienza dell’Università statale di Milano, esperto di miglioramento genetico della vite, da tempo stava indagando sulla ridotta evoluzione dei portinnesti. In un convegno internazionale organizzato nel 1984 era emersa la scarsa disponibilità di portinnesti adeguati alle diverse esigenze dei territori e delle varietà e in un successivo convegno del 2012 questa lacuna risultava allarmante proprio per gli effetti sempre più evidenti del riscaldamento globale. Da questa intuizione lungimirante nel 2014 è nato il progetto Ager Serres che con un finanziamento di alcune fondazioni bancarie è riuscito a coinvolgere oltre 40 ricercatori di centri e atenei diversi: le Università di Milano, Torino, Padova, Piacenza, il Crea Vit di Conegliano e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.
L’obiettivo era arrivare a creare nuovi portinnesti con un Dna pronto a far fronte a lungo termine ai possibili cambiamenti climatici e a garantire la salute delle piante e dei frutti, assicurando un vino di qualità.
Il viaggio era lungo e impegnativo anche perché, secondo il professor Scienza il segreto era riuscire a coniugare le conoscenze relative alla viticoltura italiana ed europea con quelle maturare negli Stati Uniti dove lo scenario è molto più eterogeneo e spesso estremo, come nel caso di varietà di viti che vivono in Arizona o nel Gran Canyon. Nel corso del progetto, dunque, sono stati recuperati 150.000 semi provenienti proprio dall’America e grazie all’impiego di tecniche avanzate di selezione sono stati individuati proprio quei DNA in grado di rendere le radici – definite dal professor Scienza il centro di comando – e l’intera pianta più resistenti agli stress biotici.
I lunghi tempi della ricerca comunque iniziavano a dare risultati importanti e suscitare sempre più interesse da parte del mercato. È nata così Winegraft, una startup dell’Università di Milano che oggi è una vera e propria società che coinvolge 9 tra le più importanti aziende vitivinicole italiane di tutta Italia, una società di supporto alla viticoltura e può contare su risorse finanziare grazie alla partecipazione di una banca. Winegraft si definisce un ponte tra ricerca, vivaismo e viticoltura ed è pronta ad aprire una via italiana al presente e al futuro dei portainnesti.
Dopo anni di indagini scientifiche, test, prove in campo in diversi territori e con diverse varietà, oggi i nuovi portinnesti M1, M2, M3 e M4 sono disponibili, sono portati nel mercato da Vivai Cooperativa Rauscedo e stanno dando ottime dimostrazioni del loro valore, per le nuove capacità e la nuova architettura delle radici che consentono di utilizzare e veicolare le risorse idriche in modo ottimale e in generale per la salute e la stabilità globale delle piante anche in presenza di eventi estremi o periodi particolarmente caldi e di siccità.
Ma come sostiene il Wine Research Team, se il valore agronomico delle nuove barbatelle è inconfutabile per i produttori ci deve essere un giusto ritorno anche in termini di sostenibilità economica. Ma anche in questo caso parlano i fatti e le prove sono alla mano: i frutti sono migliori e anche i vini sono migliori. Sono più equilibrati e più in linea con i gusti attuali dei consumatori.
Ma il lavoro continua e si continuano a raccogliere dati da tutte le aziende coinvolte e si misura anche la loro stabilità negli anni. I risparmi idrici calcolati sono impressionanti: se tutti i vigneti della Lombardia adottassero questi nuovi portainnesti si risparmierebbe una quantità di acqua pari a quattro volte il volume del lago Iseo, affermano da Winegraft.
Lungimiranza, ricerca, innovazioni, grande lavoro di squadra e finanziamenti adeguati si confermano gli ingredienti indispensabili per intraprendere seri percorsi di sostenibilità che hanno un vero valore strategico per un settore e per un Paese. I nuovi portinnesti lo dimostrano.
…quindi: c’è ancora qualcosa da trovare, qualcosa su cui da lavorare e su cui rimboccarsi le maniche, per fortuna 🙂